venerdì 23 settembre 2016

Prigionia da sogno

L'aria puzzava di muffa e polvere. La ragazza tenne gli occhi chiusi, tentando di riportare alla mente cosa le era successo nelle ultime ore. Quante ne erano passate?
Non ricordava cosa le fosse successo, tenendo gli occhi chiusi ascoltò il proprio corpo e fu allora che si accorse di essere completamente nuda, un brivido le percorse la schiena e salendo notò con rabbia e dispiacere di essere impossibilitata a muoversi.
Braccia e gambe erano libere anche se doloranti, ma una catena piuttosto robusta la legava in un qualche modo alla parete umida che aveva alle spalle.
Acciambellata sul pavimento sconnesso e freddo alzò a fatica le braccia e con le mani tastò la catena, le maglie si diramavano dietro di lei verso la parete che emanava un puzzo quasi surreale e dalla parte opposta si stringeva intorno al suo collo.
Socchiuse gli occhi senza aprirli del tutto intravide uno spiraglio di luce, pensò si trattasse della luce fioca della luna che probabilmente filtrava da una finestra non troppo grande.
Nessun rumore giunse alle sue orecchie tese poi a smentirla fu il suo stomaco che gorgogliò sonoramente. Da quanto era digiuno?
Un crampo le colpì la gamba destra e così, a malincuore dovette cambiare posizione, aiutandos con le mani che appoggiò al pavimento si levò carponi. Le ginocchia scricchiolarono sotto il peso seppur minimo del suo corpo magro e slanciato.
Poi, finalmente si decise, aprì gli occhi.
Ciò che vide non la confortò affatto, la stanza in cui era rinchiusa aveva forma cilindrica e la luce, in effetti notturna, giungeva dall'unica uscita che stava esattamente perpendicolare a qualche metro sopra di lei.
Si alzò in piedi e saggiò la lunghezza della catena scostandosi dal muro, da principio riuscì solo a fare un passo, poi dovette retrocedere visto che già la catena tendeva a strozzarla. Quando riprovò la catena sembrava essersi allungata, infatti, senza il minimo sforzo, riuscì a fare un paio di passi lunghi prima di sentire nuovamente la catena attirarla verso il muro.
Conscia di essere prigioniera tornò a sedersi appogiando la schiena al ruvido muro di mattoni sbrecciati, chiuse nuovamente gli occhi e tentò di tornare nuovamente indietro con la memoria, sapeva cosa aveva fatto i giorni precedenti, in verità le solite cose, sì, la solita vita che di tanto in tanto le stava stretta, ma quando si trattò di scandagliare le ultime ore di libertà il buio si impossessò delle sue meningi e a nulla servì lo sforzo che ci mise per ricordare, alla mente le venne solo il vuoto assoluto.
Innervosita da quel pensiero e da quella impotenza ripensò a quali fatti potevano averla portata ad essere prigioniera di qualcuno e soprattuto iniziò a passare in rassegna tutti gli amici e conoscenti, soprattutto i più recenti per smascherare tra questi, quello o quella, che poteva averla portata in quella torre, lasciata lì sola, nuda e incatenata.
Nessuno dei nuovi conoscenti aveva detto qualcosa di sgradevole e neppure aveva l'aria di essere un maniaco, le ragazze, assai poche, sembravano avere più una sorta di timore nei suoi confronti e quindi difficilmente avrebbero avanzato delle pretese così decise, portarla in un luogo, legarla e... no, no non poteva essere.
Si stava ancora arrovellando nei suoi pensieri quando sentì dei rumori alle sue spalle, si alzò di scatto e nel momento in cui, senza pensare si girò verso il muro, la catena si strinse intorno al suo collo, il dolore fu acuto ma non così fastidioso come se lo sarebbe immaginato, forse, e dico forse, era già abituata a tali angherie.
Inspirò trattenendo l'aria umida nei polmoni, poi un colpo di tosse improvvisa quasi la soffocò. allungò le braccia e tastò il muro cercando un'apertura, un congegno, qualcosa che potesse aprire una porta nascostta, i rumori erano arrivati da lì e da lì lei era certa di poter uscire.
Si prese qualche minuto, il silenzio tornò a circondarla, poi, improvvisamente, come in precedenza fu rotto dal rumore gorgheggiante del suo stomaco che tornò a farsi sentire.
Furiosa per non aver trovato nulla e per la sua condizione di cui ora sembrava aver preso piena coscienza tornò ad acciambellarsi a terra nella posizione in cui si era svegliata dal torpore.
Una sensazione le salì dallo stomaco e lenta si impossessò di lei, prorompente distrusse tutte le sue più rosee speranze, e il terrore l'assalì assillante. Sarebbe rimasta lì fino alla fine.
Per cercare la calma che invero non l'aveva quasi mai contraddistinsta richiuse gli occhi, li strizzò, ricacciando così anche una lacrima che stava per scendere a bagnare la sua guancia secca, aveva le dita sporche e non voleva toccarsi il viso.
Appoggiò la testa contro il muro, rallentò il suo respiro fino a farlo divenire solo un flebile soffio d'aria che di tanto in tanto usciva dal naso, quasi all'istante davanti a lei comparvero delle immagini venute dall'oscurità, si fecero sempre più nitide, che fosse un sogno?
Volti conosciuti, chini sopra di lei, la guardavano curiosi, in alcuni riconobbe un aura di preoccupazione, alle orecchie giunsero dei suoi indistinti, voci argentine mischiate ad alcune più profonde, sembravano chiamarla.
Timorosa aprì gli occhi, lentamente, e infine riconobbe coloro che prima aveva visto e scambiato per un sogno. Gli amici le stavano attorno, i loro visi a pochi centimetri, poi qualcuno si fece largo tra di loro e li scansò.
"Lasciatela respirare" disse una voce che riconobbe e guardandosi attorno capì di essere tornata alla realtà, era sdraiata in un prato, quello vicino a casa, quasi istintivamente si portò le braccia a coprire i seni che pensava fossero ancora nudi, i polpastrelli incontrarono il tessuto ruvido della felpa.
"Andiamo, si sta facendo tardi" disse nuovmente la voce amica e nello stesso tempo allungò una mano per aiutarla ad alzarsi.
Si alzò, si guardò attorno, abbozzò un sorriso ma non si attentò a chiedere alcuna spiegazione, e gli amici, quelli che le stavano attorno, a loro volta non fecero domande e così, tutti insieme rincasarono mentre il sole già calava all'orizzonte.



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