giovedì 10 settembre 2015

Cyberpunk - La droga cinese


Marco guardò impazientemente l'orologio, Aziz sarebbe arrivato di lì a poco. Si guardò attorno, le baracche non erano molto rassicuranti e sapeva potessero essere abitate da sud-est asiatici poco inclini ad essere gentili.
Nel baule Pierangelo iniziò a svegliarsi, la droga aveva lasciato su di lui un effetto strano, la bocca impastata e amara e un gran cerchio alla testa. L'aria stantia e il buio non furono di suo gradimento e così decise fosse giunto il momento di uscire da quello spazio angusto, rannicchiato diede un calcio al portellone del baule, sentì la serratura saltare, provò a dar una leggera spinta ma ancora non ne voleva sapere di aprirsi, così, con un ultimo sforzo diede un nuovo calcio al baule e la serratura questa volta si ruppe definitivamente.
Sentendo delle voci ovattate provenire dall'esterno trattenne il fiato sperando di riuscire a intercettare qualche parola, tutto inutile. Si trattava sicuramente di due uomini che parlavano a voce bassa e poi le grida di una donna in una lingua a lui sconosciuta.
Aziz arrivò sgommando, parcheggiò sulla strada e a piedi raggiunse Marco appoggiato con la schiena alla Bmw.
"Ce ne hai messo di tempo" disse indicando l'orologio.
Aziz non raccolse la provocazione, sbirciò l'interno dell'auto "il drogato?" chiese spostandosi per vedere i sedili posteriori.
"Nel baule, dorme" rispose Marco, poi aggunse "sarebbe bene ci levass..." non riuscì a finire la frase, una donna alta poco più di un metro uscì da una delle baracce urlando a squarcia gola.


I due la guardarono interdetti, poi, dietro di lei due uomini appena un po' più alti, occhi a mandorla, corporatura minuta, il primo con un revolver nella mano sinistra, il secondo con un fucile a pompa pronto a sparare.
Aziz non se lo fece ripetere due volte, imbracciò il fucile e mirò puntandolo verso l'uomo armato di fucile, premette il grilletto, il proiettile esplose sulla gamba destra dell'uomo che sembrò assorbire il colpo con naturalezza, Marco, si gettò di lato nascondendosi dietro l'auto e sparando all'impazzata contro l'altro uomo.
Pierangelo dal nascondiglio avvertì gli spari, si fece coraggio e aprì seppur di poco il baule. Una donna quasi sicuramente vietnamita stava inveendo contro qualcuno entrato nella sua proprietà, difianco a lei un uomo teneva in mano un fucile di vecchia produzione, proprio in quell'istante venne colpito e dopo qualche secondo rispose al fuoco.
Aziz, seppur colpito ad un braccio decise di sparare nuovamente, il suo fucile rinculò leggermente ma questa volta il proiettile si perse sul costato del bersaglio gettandolo a terra in un lago di sangue.
Peggior fortuna toccò a Marco, la sua pistola, meno efficace, andò a segno sull'altro cinese colpendolo al braccio destro, l'uomo rispose al fuoco e il proiettile si infranse contro i vetri della Bmw.
Ci fu ancora un breve scambio di spari poi anche il secondo straniero cadde a terra, a quel punto Pierangelo uscì dal baule guardando Aziz e Marco, li riconobbe, fu questione di un attimo, poi si udirono dei colpi provenire da una delle baracche, la rosa di proiettili si schiantò sull'auto procurando diversi fori alla carrozzeria, poi un ennesimo colpo che andò a segno, Aziz cadde carponi "andate, vi copro io".
Marco spinse Pierangelo verso un vicolo, mentre alle sue spalle, sentì Aziz esplodere alcuni colpi poi una esplosione, il cofano dell'auto volò in aria, urla di dolore e in fine ci fu silenzio.
Accostati ad una delle baracche in lamiera sentirono del movimento al suo interno, Pierangelo, impugnata la pistola prese a sparare contro quella esile barriera, dalla parte opposta qualcuno rispose al fuoco, poi, una volta divelta la lamiera tutta bucherellata, fu Marco a finire il cinese all'interno.
"Andiamo" urlò verso il faccendiere che stava impalato a guardare la scena all'interno della baracca.
I due si mossero, correndo attraversarono la strada, si guardarono attorno, una mezza dozzina di baracche componevano il piccolo villaggio, al centro del quale un camion oramai inservibile era stato crivellato di colpi di grosso calibro, il rimorchio, sembrava integro.
Alcuni colpi vennero esplosi dalla baracca di fronte a loro, i due, dopo aver cercato un riparo, Marco e Pierangelo risposero al fuoco. Dalla piccola casetta in lamiera arrivarono nuovi colpi d'arma da fuoco che andarono ad impattare sulle corazze dei due.
Anche il nuovo aggressore venne colpito a morte e cadde all'interno della baracca.
Dalla baracca successiva arrivò il latrato di un cane, Pierangelo sparò senza pensarci, il cane guiaì e poi cadde a terra. L'uomo entrò nella piccola struttura, si mise a frugare nei cassetti, poi guardò il video acceso di un compiter sul tavolo, raccolse alcuni fogli e staccando la spina prese il case per cercare al suo interno.
Marco, nel frattempo, entrato in un'altra baracca, vide un cinese avvicinarsi, sembrava non l'avesse notato, approfittando dell'effetto sorpresa esplose due colpi e l'uomo cadde a terra.
Pierangelo uscito dalla baracca vide Marco infrattato "andiamo?" chiese guardandosi attorno.
Marco uscì, raggiunse l'altro e dopo essersi guardato attorno fece strada "seguimi, prenderemo l'auto di Aziz".
Tornando verso la Bmw videro il corpo senza vita del senegalese, Marco frugò le sue tasche, poi raccolse il fucile e si incamminò verso l'utilitaria rimasta sulla strada.
Raggiunta la Peugeot, Marco, iniziò ad armeggiare con la serratura della portiera, che si aprì senza problemi, poi salito in macchina scardinò il cruscotto cercando i cavi per metterla in moto.
Fuori, Pierangelo guardò verso il piccolo agglomerato di baracche dal quale spuntò un uomo tarchiato, procedeva caracollando, sulla schiena spuntavano l'imboccatura di due bombole.
Pierangelo puntò la propria arma e colpì l'uomo alla gamba destra, l'armatura pesante attutì il colpo, "sbrigati!" urlò verso l'uomo all'interno dell'auto che continuava ad armeggiare con i cavi.
Dalla canna puntata del cinese fluì una fiammata giallastra, le lingue di fuoco fortunatamente, non raggiunsero Pierangelo che riprese a sparare all'impazzata.
Marco dall'interno della Peugeot grugnì visibilmente adirato, poi si sporse per vedere cosa stesse succedento all'esterno e la scena fu raccapricciante.
Il cinese aprì nuovamente la manetta del gas e questa volta la fiamma si sparse ovunque, Pierangelo si gettò di lato tentanto di schivare il fuoco ma venne colpito ad un braccio, la carne sfrigolò.
A Marco toccò miglior sorte, protetto dalle lamiere dell'auto riuscì a gettarsi fuori dalla vettura appena in tempo.
Pierangelo sdraiato e dolorante sparò nuovamente colpendo le bombole sulle spalle del cinese che esplosero.
Fiamme ovunque, Marco riuscì appena in tempo a prendere il materiale sul sedile posteriore dell'auto, prima che questa diventasse una palla di fuoco per poi esplodere successivamente.
Pierangelo, visibilmente dolorante lottò con tutte le sue forze per non svenire, il braccio era ridotto ad un ammasso di carne fumante, i due camminarono fino alla strada principale, avvolti da una leggera foschia si guardarono attorno. Poco distanti due donne poco più che ragazzine si muovevano attorno ad un bidone all'interno del quale scoppiettava un fuoco allegro.
Marco prese il cellulare e compose il numero della sorella, attese qualche squillo poi... "pronto, ciao Gaia".
Tra i due seguì una scaramuccia lessicale, poi, dopo una lunga contrattazione, finalmente Marco ottenne ciò che aveva sperato "ci viene a prendere" disse chiudendo la comunicazione.
Pierangelo seduto sull'asfalto svenne.
Quando rinvenne, una donna sulla trentina, stava parlando con Marco, i due erano accigliati, discutevano sul passato dell'uomo che cercava, inutilmente, di convincere la sorella che le cose per lui stavano cambiando, anzi erano già cambiate, ma lei, guardando le armi appoggiate ovunque e il ferito riverso sull'asfalto era poco incline a credere alle parole ben condite del fratello.
Poi una frase del ragazzo la colpì.
"Perché vedi, io sono un eroe, non volevo dirtelo, ma per il quartiere..." le parole gli morirono in gola.
"Metti il tuo amico in macchina e poi sali, andiamo" disse la ragazza incredula della propria decisione.
Marco gettò Pierangelo sul sedile posteriore ascoltando distrattamente le lagnanze della sorella "la tappezzeria, dovrai pagarmela da nuova..." poi andò con passo svelto verso le due giovani prostitute.
I tre parlottarono per alcuni secondi, Marco tirò fuori due biglietti da cento e li porse alle ragazze.
"Ora ti metti a contrattare?" urlò Gaia che nel frattempo aveva acceso l'auto.
Marco salutò Tatyana e Kathiusha e tornò verso l'auto salendo "possiamo andare" disse mettendosi le cinture.
L'auto, abbandonata la deserta strada Beneceto entrò nel traffico serale della via Emilia, il manto stradale un po' malmesso fece sussultare l'auto e Pierangelo si lagnò tornando poi a svenire.
Marco vide poco più avanti un posto di blocco e convinse la donna a cambiare strada "se ci fermano inizieranno a farci mille domande" disse.
Lei poco convinta ribatté che li avrebbero accompagnati in ospedale dove l'amico avrebbe trovato le cure adeguate.
Marco tornò a portare ragioni e anche questa volta ebbe la meglio, l'auto sterzò a destra prendendo una laterale.
Raggiunta la casa del ricettatore, Gaia attese che Marco prendesse la sua roba e il ferito, poi dopo un saluto frettoloso ripartì.
Salite le scale e aperta la porta, il padrone di casa gettò armi e sacca a terra e depositò Pierangelo sul divano "aspetta qui, ora chiamo un dottore che ti sistemerà".
Pierangelo, rannicchiato sul divano iniziò a tremare, il sangue colava ovunque, e  la vista iniziò ad appannarsi nuovamente, poi svenne.
"Eccoti" disse Marco aprendo ad un ometto sulla cinquantina che portava un borsone a tracolla e nella mano destra una ventiquattrore.
"Stavo operando" disse gettando un'occhiata al ferito svenuto sul divano "lui è il ferito?"
"Sì, e prima che tu lo chieda, si tratta di un lanciafiamme".
Il chirurgo scosse il capo "temo ci sarà da metterci una pezza metallica".
Marco storse la bocca "fai tutto quello che devi, tanto paga lui".
Quando Pierangelo si riprese dalla dose di droga pesante il chirurgo era appena uscito. Guardò il braccio, mosse le dita lentamente, poi guardò Marco "cosa hai combinato?".
"Avevi bisogno di un braccio nuovo, non ti si poteva vedere con quel moncherino fumante".
Pierangelo prese il foglio sul tavolo, "apperò" gli sfuggì guardando la cifra in fondo alla fattura.
"C'erano tre opzioni, mi scuserai se ho optato per la più cara e sicura".
Il ferito non fece in tempo a ribattere che il campanello squillò "è arrivato l'armaiolo" disse Marco andando ad aprire.
Fece il suo ingresso un giamaicano, vestito sportivo, aveva un piccolo palmare e una borsa voluminosa.
"Eccomi" disse stringendo la mano a Marco e dando una breve occhiata a Pierangelo che stava ancora famigliarizzando con il braccio nuovo.
Marco e Jim, come si fece chiamare il giamaicano, iniziarono a contrattare sul prezzo delle armi prese nel campo cinese, finalmente arrivarono ad un accordo e il tragattino se ne andò soddisfatto.
Pierangelo si fece dare il proprio telefono e chiamò Massimiliano Latorre spiegando che la polizia aveva rintracciato la sua auto al campo dei cinesi e ora poteva essere sulle sue tracce, di stare in campana.
Una volta fatta la telefonata, suonò il campanello, Marco andò al citofono e poco dopo tornò nella sala dove Pierangelo stava ancora armeggiando con le dita della sua "nuova" mano.
"Sono arrivate le ragazze, andiamo da te vero?" disse Marco prendendo la giacca.
"Sì, chiamo un taxi e andiamo" Pierangelo prese nuovamente il telefono e dopo aver scambiato due parole con un call center chiuse la comunicazione.
"Possiamo scendere".
Tatyana e Kathiusha, vestite di soli alcuni tatuaggi, che si illuminavano a seconda dei movimenti del loro esile corpo, e di una stola di finta pelliccia, quando videro i due ragazzi sorrisero.
"Sta arrivando un taxi, andremo a casa di Piergiorgio" disse Marco abbracciando Tatyana.
Kathiusha restò molto sulle sue, non disse nulla, si limitò a baciare Pierangelo sulla guancia destra e poi salì sul taxi che era appena arrivato.
Il viaggio verso la Cittadella fu molto tranquillo, i quattro passeggeri restarono silenziosi fino a quando arrivati in via Solferino il tassista dovette fermarsi all'alt di un agente.
Il poliziotto controllò i documenti del guidatore, poi guardò il passeggero e in fine i tre occupanti dei sedili posteriori.
"Dove state andando?" chiese al tassista.
A rispondere fu Marco "stiamo andando a casa del mio amico, abita a pochi metri da qui.
Pierangelo si sporse lasciando le due ragazze a sussurrarsi parole preoccupate.
"Salve agente, ci sono problemi".
"Be, a dire il vero, voi state viaggiando con due minorenni".
"Ed è reato?".
"Sarà sicuramente reato quello che farete una volta arrivata a casa vostra".
 "Voi dite? Sentiamo cosa ne pensa il mio avvocato" e detto questo accese il cellulare "Ciao, sono qui con..." poi rivolgendosi al poliziotto "si qualifichi agente, sicuramente, come consiglia il mio avvocato sporgerò denuncia, voi mi state caluniando".
L'agente storse la bocca "ma..., veramente..., io pensavo...".
"Voi pensate che noi ci portiamo le ragazze per farci... e quindi mi state caluniando, io avevo programmato di mangiar qualcosa assieme, guardarci la tv nuova e poi" fece una pausa riprendendo a parlare sommessamente con l'interlocutore al telefono "... e così ora vi denuncio".
L'agente guardò i documenti che Pierangelo gli aveva allungato e poi li restituì al proprietario.
"Non ce ne sarà bisogno. Andate pure".
Il tassista mise la marcia e fece ripartire l'auto che fece poi fermare solo qualche centinaio di metri più avanti "arrivati".
Marco pagò il taxi e i quattro salirono all'attico di Pierangelo.
I preliminari furono veloci, Tatyana era sicuramente ben disposta, di altro umore Kathiusha che accostatasi ad una finestra continuava a guardar la strada sottostante.
"Che succede?" chiese Marco avvicinandosi alla finestra.
"Gli scagnozzi di Herdogan, resteranno in strada fino a quando non ci farete andare".
"Che facciano pure" rispose Marco, "ma solo Pierangelo starà con voi, io ho altre intenzioni" poi guardò Tatyana "a proposito hai novità per me?"
La ragazza si accarezzò il tatuaggio che aveva sulla coscia destra e improvvismente in mano le comparve un foglio di plexiglas "ecco il messaggio di Herdogan".
Marco lo lesse veloce e poi a voce alta disse "vuole incontrarmi all'interporto, bene, bene" e detto questo salutò e si diresse verso la sala dove, dopo aver svaligiato il frigorifero di bevande e alcuni sneck, accese il televisore 52 pollici e si stravaccò in poltrona.
Pierangelo rimasto solo con le due ragazze si divertì con loro per quasi due ore, poi, improvvisamente, suonò il campanello...

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