mercoledì 14 settembre 2016

La cena a casa Khellendrox - Il dolce Obleth

Dopo il racconto dei due gnomi, la cena proseguì in allegria, l'elfa e la dama si misero d'accordo per alcune attività che avrebbero potuto fare in un futuro prossimo, mentre lo gnomo, non si smentì descrivendo un nuovo tipo di invenzione che stava per mettere a punto.

Khellendrox nel frattempo ascoltando i commensali già stava pensando ad un nuovo evento che potesse coinvolgerli.
Alla fine del lauto pasto la dama portò in tavola i dolci, sembravano dei fiori appena sbocciati, tutti restarono estasiati per la bellezza e ancor più quando li assaggiarono rimasero colpiti dalla fragranza e dalla dolcezza.
Non ricordo chi si azzardò a chiedere la ricetta, ma ricordo molto bene come il sorriso sul viso della giovane donna si spense e l'espressione si fece cupa.
"Quello che sto per dirvi potrebbe turbarvi" disse abbassando il tono della propria voce "Tutti quanti avete dovuto affrontare creature di vario genere per poter arricchire la tavola del nostro goliardico ospite e invero io non sono stata da meno.
Questi dolci che avete gustato sono in realtà dei  Obleth, probabilmente gli gnomi penseranno che i loro prati sono infidi e che le creature che spuntano dai terreni paludosi delle loro zone sono pericolosi, ebbene, le mie terre non differenziano molto dalle loro, certo non abbiamo paludi così fitte ma essendo confinanti spesso capita di trovar vegetazioni similari e terreni maleodoranti.
Gli Obleth, che dalle vostre espressioni penso non abbiate mai visto, sono delle creature che nascondono dietro la loro bellezza, una natura molto malvagia, creascono in mezzo ai prati e sembrano boccioli di rose, e finché non sbocciano non mostrano la loro vera natura, ma quando lo fanno allora sì che sono guai.
Qualche giorno fa, dopo aver ricevuto l'invito di Khellendrox, ahimé, conobbi la loro malvagità, per trovare una pietanza che potesse dar lustro alla nostra casata decisi di recarmi da una zia anziana che abitava allora nella vicina contea di Rioeggis.
Sellai il mio cavallo e fortuna volle che portassi con me quattro soldati, così solo per scortare la mia marcia e per portare il regalo che avevo pensato per la parente oramai vicina alla vecchiaia.
Attraversammo un prato immenso e al nostro passaggio qualcuno si accorse della nostra presenza, gli Obleth.
La nostra andatura, per nulla veloce ci permise di ammirare il paesaggio, era una giornata mite e nessuno di noi temeva il peggio.
In vero fu una carneficina, le creature sentendo la vibrazione del calpestio degli zoccoli dei nostri destrieri si destarono dal loro sonno, aprirono i loro petali e ammirarono il panorama attendendo silenziosi il nostro passaggio.
Era una giornata calda, e l'immenso prato era da poco fiorito colorandosi dei colori più incantevoli che la natura, certe volte infida, potesse mostrarci.
Noi, detutto ignari, procedemmo sul sentiero appena tracciato e ben presto una nuvola di polvere giallognola si levò dal terreno, i primi a mostrare i sintomi dell'avvelenamento furono i nostri cavalli che rallentarono il passo e poi si imbizzarrirono a tal punto che fummo costretti a scendere dalle nostre cavalcature e procedere a piedi.
Fu allora, una volta scesi, che la vegetazione era fin troppo sviluppata, steli e gambi dei fiori in quantità esagerata raggiungeva la vita dei soldati e io ne ero quasi sopraffatta.
I quattro guerrieri si fecero intorno a me e per poter procedere due di loro, si misero davanti e dovettero farsi largo recidendo la vegetazione. Fortunatamente gli Obleth, non ancora del tutto sviluppati non riuscirono ad intralciare la nostra via ma a farne le spese furono soltanto i nostri cavalli.
Una volta giunti a casa della zia, le raccontai l'accaduto ed ella mi raccontò della presenza in quel prato di quelle creature, al ritorno avrei dovuto stare molto attenta, ma al contempo avrei potuto trovare una pietanza che sicuramente avrebbe fatto colpo sui commensali tutti presenti alla tavola del nano.
Il mio compito era quello di recidere i fiori sbocciati e poi cucinarli secondo un procedimento piuttosto complesso che mi descrisse in una pergamena che arrotolò e mi consegnò prima della mia partenza.
Il ritorno fu ben più complicato dell'andata, ai miei quattro accompagnatori la zia, aveva insistitito affinché prendessi con me altri quattro soldati dei suoi, ai quali aveva spiegato come difendersi da quelle creature all'apparenza miti e bellissime.
Era mattina appena inoltrata quando raggiungemmo il prato, i colori se possibile erano diiventati ancor più sgargianti e i profumi sublimi ci inebriarono a tal punto che coloro che aprivano il nostro cammino sembravano ubriachi.
Gli Obleth, questa volta ben sviluppati ci stavano tendendo una trappola. Mischiati alla vegetazione rigogliosa di quell'immenso prato, rilasciarono le spore e due dei soldati, respirando quel veleno caddero vittime di un sonno profondo.
Gli altri e io, seguendo alla lettera gli insegnamenti della zia, riuscimmo a non essere preda delle spore e armati di spada iniziammo a recidere i boccioli.
Alte grida si levarono tra la vegetazione, gli Obleth si ribellarono alla nostra azione agitando le loro foglie urticanti e altri due soldati restarono vittime di quell'attacco.
Io fortunatamente ne venni soltanto sfiorata e ancora ne mostro i segni.
Una volta raccolta una sufficiente quantità di boccioli, decidemmo di lasciarci alle spalle il prato, nel frattempo gli uomini caduti erano divenuti grigi e la vita aveva abbandonato i loro corpi, i breve sarebbero diventati concime per quel prato.
Fuggimmo e camminammo senza sosta rincorsi da quelle creature che fortunatamente non sono veloci e ben presto la distanza tra noi e loro fu troppa perché le spore potessero ancora nuocerci.
Una volta raggiunto il limitare del prato, oramai al sicuro tirammo un sospiro di sollievo e quando il sole stava ormai calando all'orizzonte attraversammo il portone del palazzo trovando la sicurezza della mia dimora.
Ebbene, sono felice che la ricetta della zia abbia fatto colpo su di voi, ma vi giuro che mai e poi mai porterò sulla tavola di altri questo dolce, anche a costo di arrivare a mani vuote ad un prossimo evento.
Avendo sentito quel racconto a tinte fosche tutti si trovarono d'accordo che la dama aveva corso un gran bel pericolo per poter cucinare quel dolce così squisito. Nessuno di loro si fece mancare il bis di quella pietanza zuccherina e in natura così letale.

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