domenica 7 febbraio 2016

Le avventure di sir Arthur McKhellen


I cinque giorni che seguirono furono molto convulsi. Al mattino presto ci ritrovammo tutti sul molo. Aziz si offrì di accompagnarmi, forse perché sperava di potersi unire alla combricola "qualcuno deve rimanere in ufficio" dissi perentoriamente "e poi vedrai saranno solo pochi giorni".
L'egiziano sterzò bruscamente entrando nella via che portava al porto e mi guardò di sfuggita sbuffando.

Sull'imbarcazione alcuni marinai lavoravano febbrilmente caricando e sistemando casse di viveri e altri oggetti che probabilmente aveva consegnato loro il regista. Scesi e salutai Aziz che ripartì sgommando.
"Salve a tutti" salutai cordialmente stringendo loro le mani e poi indugiai sulla  nave bassa e lunga ormeggiata poco distante "pensavo di meglio" dissi con un filo di voce.
Il conte, probabilmente fu l'unico a sentire quel mio pensiero a voce alta e sorrise "già, già" si limitò a dire indicando la barca con il bastone da passeggio.
Dopo circa un'ora di attesa, uno dei marinai attraversò il pontile e venendo verso di noi ci indicò il fiume "potete salire signori, si salpa a minuti".
Il comandante ci fece vedere le nostre cabine e poi si dileguò in sala comandi, io, dopo aver sistemato l'esiguo bagaglio, tornai sul ponte dove sedetti su una sdraio.
La giornata, calda e afosa era mitigata di tanto in tanto da una leggera brezza che si alzava da nord portando con sé i rumori fastidiosi della città.
Il viaggio fu lento e tranquillo, uno dei marinai ci consigliò di non sporgerci per nessuna ragione "il Nilo da queste parti è zeppo di alligatori affamati"
I due americani si guardarono allarmati mentre il conte e l'inglese già avvezzi alle crociere sul grande fiume ridacchiarono come se le parole dell'ometto in divisa fossero esagerate.
Beni Suef ci aspettava sonnecchioso, il porticciolo di pescatori sul calare della sera brulicava di piccole imbarcazioni e di uomini proni sulle reti. Alcuni marinai ci fecero strada nella viuzza malandata che portava verso il centro del paesino.
Case fatiscenti si alzavano di un piano sparse qua e là, unico palazzo che potrei definire decente era quello del sindaco.
L'uomo vestito di tutto punto si presentò facendo un lieve inchino e stringendoci le mani, poi ci accompagnò in una sala dove vassoi ricolmi di frutta erano stati disposti sul lungo tavolo apparecchiato.
"Le vostre stanze sono al piano superiore, spero vogliate accettare la mia umile ospitalità, mi sono permesso di farvi cucinare alcune nostre prelibatezze di pesce".
Nessuno di noi ebbe nulla da ridire e così ci sedemmo a tavola.
La cena fu piuttosto silenziosa, tigerfish fritti facevano bella mostra in letti di alghe. Sfortunatamente questa tipologia di pesce, piuttosto saporita e molto comune nel grande fiume, oltre che essere molto nutriente ha tantissime lische che possono essere letali se trangugiate con superficialità.
"Domani farò altre riprese" disse mister Burton, poi intavolò un lungo discorso sulla fotografia con l'attore russo che ascoltò molto interessato. 
Il conte, prima di ritirarsi per la notte, disse "Minya, che raggiungeremo domani sera, è più piccola di questo centro, ma è l'unico porto dove possiamo attraccare, quindi dovrete accontentarvi".
Ci guardammo un po' preoccupati ma nessuno fece commenti e uno dopo l'altro gli invitati andarono verso il secondo piano raggiungendo le stanze assegnateci.
Al mattino, prima dell'alba sentii bussare alla porta, mi vestii in fretta e furia e aprii la porta. Con mia grande sorpresa un ometto tarchiato con due baffoni che gli coprivano le labra mi tirò quasi fuori dalla mia stanza e mi accompagnò giù dalle scale "Mister McKhellen, abbiamo poco tempo, ma devo assolutamente farvi leggere alcuni documenti prima che raggiungiate i vostri ospiti e che riprendiate la navigazione sul Nilo".
Lo seguii senza fiatare incuriosito non solo dall'abbigliamento spartano ma anche dallo strano accento che mi ricordò un amico texano che era venuto a visitare mio padre prima della sua dipartita.
Uscimmo dall'edificio e attraversammo la strada, lui salutò due donne che stavano parlando un po' sguaiatamente davanti ad una capanna di fango e mattoni, poi svoltò dietro l'abitazione fatiscente e mi attirò dentro ad un'altra casa molto simile.
Meravigliato per il fresco refrigerante che si avvertiva all'interno guardai lo spoglio mobiglio, poi mi sedetti sull'unica sedia impagliata che era sistemata appena sotto al tavolo.
"Arthur, posso chiamarla così vero?" disse e prima che potessi rispondere continuò porgendomi un plico di fogli stroppicciati "i documenti che vi sto per mostrare sono altamente riservati, ma ho pensato doveste sapere cosa potreste incontrare lungo la vostra gita".
Guardai i fogli, da prima distrattamente poi con più cura. Una rivoltella e un fucile erano disegnati su tutti i fogli ed erano circondati da cifre e specifiche delle quali non compresi molti particolari.
"Quelle armi, che ancora non esistono se non sulla carta, potrebbero essere impugnate molto presto dai vostri nemici".
"Nemici della Corona o dell'Egitto?" chiesi allarmato.
"Non ha importanza di chi, piuttosto ha importanza di come" disse l'americano.
"Mister... "
"Smith, potete chiamarmi Smith".
"Mister Smith, come mai venite a dire proprio a me, di queste armi? Io non mi occupo di armamenti, piuttosto dovreste rivolgervi Al Cairo, mister Whellington, lui potrebbe esservi più d'aiuto".
"Ma è con voi che volevo parlare, perché siete voi che potreste incrociare uomini muniti di queste armi".
Lo guardai ancora più stupito e poi posai i fogli sul tavolo "voi dunque dite che andando verso sud, seguendo il Nilo potrei incontrare uomini armati di armi che ancora non sono state prodotte?".
"Certo, o meglio quasi certo".
"Grazie dell'avvertimento" e mi alzai "posso fare altro?"
"Sì, in effetti potete, quando ritornerete Al Cairo io sarò nuovamente partito ma voi troverete queste carte nel vostro ufficio, speditele in Inghilterra, vi prego".
"Statene certo" dissi senza capire seriamente a cosa volesse arrivare quell'uomo che per quanto mi riguardava stava farneticando.
Lo salutai e uscii dalla casa raggiungendo nuovamente i miei ospiti che nel frattempo si erano svegliati e radunati nella sala da pranzo.
Mentre gli altri non si accorsero quasi della mia presenza, l'attore misi affiancò e mi disse a voce bassa avvicinandosi ulteriormente "dove siete stato?"
"Problemi governativi" mi limitai a dire poi guardando gli altri "bene, se siete d'accordo andiamo verso il porto.
Salutammo il padrone di casa e raggiungemmo il molo dove il capitano ci stava aspettando.
Il secondo giorno di navigazione fu lento e afoso, nel primo pomeriggio udimmo delle urla provenire dalla parte destra della nave e tutti ci pretipitammo a vedere cosa stesse succedendo.
Poco distante, in una piccola barca a remi, un uomo stava lottando con un coccodrillo, la barca oscillò paurosamente prima a destra poi a sinistra mentre l'uomo seduto sul fondo tentava di bloccare l'anfibio che con le fauci spalancate tentava di morderlo.
La lotta terminò quando la barca si capovolse e lo spettacolo finì velocemente, l'imbarcazione si spezzò in due tronconi e si inabissò, dalle acque sporse una mano che si agitò alcuni secondi, poi la superficie del fiume si dipinse di un leggero rossore che fu cancellato ben presto dai flutti e dalla corrente del grande fiume.
"Cosa vi avevo detto?" disse uno dei marinai "non sporgetevi, i coccodrilli sono famelici".
Fortunatamente il resto del pomeriggio non accadde più nulla e quando il sole stava per tramontare raggiungemmo il porto di Minya.
Il villaggio, non posso che definirlo così, era composto per lo più da casette basse di paglia e mattoni, anche in questo caso, il centro era composto da palazzi a due piani costruiti in muratura, in loro scorsi alcuni stucchi tipici del periodo vittoriano e me ne rallegrai.
Un funzionario inglese che avevo conosciuto l'inverno scorso ci venne incontro e con aria preoccupata mi disse "Oggi, nella vicina Libia sono stati misurati ben cinquantotto gradi, molti sono stati gli anziani che hanno richiesto cure mediche e si teme che il gran caldo possa prosciugare le già basse pozze d'acqua potabile".
"Avvertite l'ambasciata inglese Al Cairo della situazione e fate prendere tutte le precauzioni del caso" dissi rapidamente quando raggiunsi l'interno del palazzo comunale.
Le pale appese al soffitto giravano vorticosamente spostando solo aria calda che non dava per nulla refrigerio. Mangiammo velocemente della carne grigliata e subito dopo alcuni uomini in livrea ci avvertirono che sulla spiaggia stava per iniziare lo spettacolo pirotecnico in nostro onore.
Pensai che probabilmente Aziz avesse avvertito del nostro arrivo e che, non avendo spesso visite, l'amministratore locale volesse far bella figura soprattutto ai miei occhi.
Luci di vari colori illuminarono il cielo notturno e botti di varie intensità fecero sussultare più volte il dottor Herny che abbandonò la festa prima degli altri.
Quando raggiunsi la mia stanza e mi coricai, faticai parecchio a prendere sonno ma finalmente ci riuscii facendo sogni inquieti.
Dovevano essere più o meno le tre quando fui svegliato da un rumore sordo proveniente dall'esterno.
Gli anni in guerra mi avevano abituato a svegliarmi velocemente ed essere vigile, mi avvicinai alla finestra e guardai fuori, al principio non notai nulla di particolare, poi, solo con la coda dell'occhio, notai una figura biancastra che appesa alla parete esterna della casa stava precipitando verso il basso. Aprii la finestra per guardare dove fosse caduta ma non vidi nulla, allora, veloce, corsi verso la porta della stanza, la spalancai e giunto nel corridoio velocemente arrivai alla finestra che dava sulla strada, l'aprii e non mi rimase altro che seguire le movenze veloci di un uomo, indossava un camicione bianco e in testa portava un turbante anch'esso bianco. Lo vidi scomparire in un vicolo tra le capanne.
Guardai sconsolato il corridoio, nessuno degli altri ospiti doveva aver sentito dei rumori, nessuno si affacciò dalla porta della propria camera, ancora un po' scosso rientrai nella mia camera, ero ancora agitato e quando mi sedetti sul letto mi parve di essere osservato. D'istinto guardai verso la finestra che avevo lasciato aperta, mi avvicinai e la chiusi di scatto, poi presi la pistola e quando tornai a sedermi sul letto la misi sotto il cuscino.
 Quella sensazione di essere spiato non passò e allora mi sollevai nuovamente da letto, presi una candela e iniziai a guardarmi attorno, misi a soqquadro la libreria e buona parte della stanza, poi tutto d'un tratto la sensazione spiacevole scomparve.
Sconsolato guardai la stanza, scossi la testa e dopo aver posato la candela mi coricai nuovamente sperando di riuscire a prendere sonno.
All'alba mi svegliai ancora piuttosto assonnato, i posteri della notte si dovevano notare tutti sul mio viso tirato. Quando raggiunsi la sala da pranzo, un po' tutti mi chiesero delle mie condizioni, io mi limitai a rassicurarli "nulla di grave, ma voi non avete sentito nulla questa notte?".
Tutti risposero evasivamente che avevano dormito e che non avevano sentito nulla.
Finita la colazione ci avviammo verso il molo e saliti sulla barca partimmo per il terzo giorno di navigazione.
Alla sera raggiungemmo Sohag e fortunatamente non accadde nulla di particolare, solo l'arrivo di un messaggio per Lord Heffedy cambiò l'umore al tavolo. 
"Quando arriveremo a Luxor io devo incontrare il mio socio, pare che dove sto scavando non si trovi nulla di veramente interessante e io penso che se è veramente così, lascerò l'Egitto" poi dopo aver riletto il bigliettino che teneva tra le mani un po' tremanti riprese a parlare "sentitevi pure liberi di fare i vostri giri, io mi fermerò agli scavi di Carter".
Appena entrato in camera misi immediatamente la pistola sotto al cuscino poi mi coricai. La notte passò tranquilla e dormii come un sasso.
La mattina successiva, dopo aver fatto colazione ripartimmo verso Luxor. 
"Che ne dite di fermarci a Luxor per girare qualche scena? Mi pare che ci siano sfondi ideali per il vostro film sulla mumia".
Burton sorrise poi guardò l'attore che taciturno, dopo aver fatto un cenno con il capo non aggiunse altro.
"Allora è deciso".

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