sabato 13 febbraio 2016

Le avventure di sir Arthur McKhellen

Durante il viaggio ci spostammo da una sponda all'altra nel Nilo, malgrado l'ondata di caldo anomalo, il grande fiume conservava parecchia acqua e i coccodrilli, assai numerosi, di tanto in tanto facevano capolino con i loro musi allungati spalancando le fauci e mettendo in bella mostra la lunga fila di denti pronta ad azzannare chiunque si fosse avventurato nelle acque limacciose del loro regno.

Gli ospiti erano piuttosto euforici, il regista e l'attore si erano svegliati all'alba e avevano discusso freneticamente delle scene che dovevano girare tra i monumenti e le statue enormi del sito archeologico. Il conte, si era ritirato a scrivere una lettera da indirizzare a Londra. Appena si presentò in sala da pranzo per la colazione, gli chiesi immediatamente cosa intendesse fare del suo scavo aperto e lui in tutta risposta alzò le spalle "ci penserà il mio socio Carter".
Rimasi un po' turbato almeno fino a quando la nave non attraccò. Tutta la comitiva scese e il conte ci disse che non ci avrebbe aspettato "devo parlare con Carter, voi fate pure come volete, quando avrete girato le scene, potete anche raggiungermi".
Il regista fece portare tutta la sua attrezzatura e aiutato da quattro ragazzotti iniziò, telecamera in spalla a riprendere i monumenti e poi l'attore che si muoveva tra le colonne con sguardo atterrito.
Io tentai invano di intrattenere gli altri ospiti, non avevo molto da dire su quel complesso monumentale e ci aggirammo nelle stanze silenzioni osservando i geroglifici e i disegni ben distinguibili sulle pareti.
Ad aiutarmi arrivò un giovane archeologo che ci spiegò come fossero andati gli scavi e soprattutto, per sommi capi, cosa significassero quelle gigantografie dipinte sul muro e tutti queli simboli che le seguivano.
Ad un tratto sentimmo degli spari, da principio pensavo si trattasse di un trucco cinematografico e non diedi peso all'accaduto, ma poi sentendo nuovamente il fischiare delle pallottole, con circospezione, abbandonai i miei ospiti e mi diressi dalla parte dove mi pareva avessero sparato.
Arrivai decisamente tardi, un uomo era sdraiato in terra e la macchia di sangue sotto la sua schiena si stava allargando a vista d'occhio. Prima di avvicinarmi mi guardai attorno, poi rassicurato dal fatto che non vidi nessuno, mi avvicinai all'uomo steso in terra.
Doveva essere un egiziano, sulla quarantina circa, portava la camicia parzialmente sbottonata e al centro del petto si vedeva chiaramente il foto d'entrata del proiettile che lo aveva colpito. Riverso a terra, privo di conoscenza, stava perdendo sangue.
Mi guardai attorno e non vedendo nessuno iniziai a urlare "aiuto, aiuto, chiamate un medico".
Dopo qualche istante mi raggiunsero il regista e l'attore che probabilmente stavano girando alcune scene in una delle stanze vicino.
Guardarono il poveretto steso a terra e il russo impallidì alla vista del sangue, si sedette e con fare esperto prese un fazzoletto dalla tasca dei propri pantaloni e iniziò a premere sopra la ferita tentando di fermare il sangue.
Sir Arthur, vi consiglio di andare alla ricerca di un dottore, io posso tamponare la ferita ma il malcapitato ha bisogno di cure urgenti.
Mi allontanai veloce verso l'uscita del tempio dove avevo viso una baracca e speravo che lì avessero un telefono o conoscessero qualche dottore della zona.
Fui fortunato, la baracca era abitata, al suo interno, quando bussai e mi aprirono la porta, vidi un militare e un uomo basso con sguardo miope. Sulla fronte portava degli occhiali con lenti molto spesse e in grembo teneva un libro.
"Possiamo essere di un qualche aiuto?" chiese la guardia volgendo poi lo sguardo all'altro uomo che era rimasto seduto su una sedia di paglia.
"C'è stato uno scontro a fuoco, un uomo è gravemente ferito" dissi in tutta fretta esenza aspettare mi incamminai nuovamente verso il complesso templare "seguitemi vi mostrerò dove l'ho rinvenuto".
Quando arrivai nella sala dove avevo lasciato l'attore, il regista e il ferito, con mio grande sollievo notai che il russo aveva rianimato il ferito e i due stavano parlando a voce bassa.
L'uomo anziano che avevo trovato nella baracca si accostò al ferito e dopo aver detto qualcosa in egiziano iniziò a levargli la camicia.
"Fortunatamente la ferita è superficiale, il proiettile deve averlo colpito di striscio" disse il dottore esaminando la ferita che continuava a sanguinare "bisognerà portarlo immediatamente nella baracca, lì lo sistemerò preparandolo al trasporto in città".
L'attore, forse per non essere d'intralcio al medico si fece da parte continuando a guardare le mosse dell'anziano.
L'egiziano, sdraiato in terra continuava a lamentarsi e il suo sguardo non lasciava trasparire che paura.
Quando finalmente il dottore finì di fasciarlo, io e l'attore lo trasportammo dentro la baracca adagiandolo su una brandina che stava in fondo alla stanza.
"Voi dove siete diretti?"
"L'isola di Phile è la prossima nostra tappa mi affrettai a rispondere, poi simulando lo sguardo più triste che mi riuscì aggiunsi "non credo che lo si possa portare in città, almeno non noi, ma sono disposto ad andare al porto e vedere se qualcuno è propenso a portarlo in un centro abitato dove ci sia un ambulatorio".
Stranamente fu il militare a parere più sollevato, e mentre il medico tornò a sedersi dove l'avevo trovato in precedenza e riaprì il libro per tornare a leggere. Il militare si avvicinò alla brandina "hai visto chi ti ha sparato?" chiese al ferito con un filo di voce.
L'egiziano sdraiato sulla brandina guardò il militare sembrò ascoltare la sua domanda, poi mi guardò e in fine tirò su col naso e il suo sguardo si spense.
"Lasciatelo riposare" disse il medico che aveva seguito senza staccare gli occhi dal libro "lo potrete interrogare quando si sarà ripreso".
"Capite bene che potrebbe essere tardi?" rimbrottò il militare.
"Capisco, capisco..." disse il medico abbassando sempre più la voce.
Io e l'attore vedendo che l'uomo era in buone mani uscimmo dalla baracca e tornammo verso la stanza dove avevo lasciato i miei ospiti.
A loro si era unito anche il regista e i quattro aiutati, tutti stavano discutendo accavallando le loro voci, dell'accaduto. Quando poi entrammo nella stanza, sette paia di occhi si spostarono verso di noi.
"Allora?"
"Sì, allora come sta?"
"Su non fateci stare sulle spine, chi ha sparato?"
Parlai io anche se con poca convinzione "L'uomo sta bene, è stato medicato, il proiettile fortunatamente non ha leso nessun organo interno, anzi, dice il medico che si tratta di una ferita superficiale".
A tal proposito intervenne l'attore che aveva assistito "io ci credo poco" poi rivolgendosi a me "avete notato quando era interessato il militare?".
"Sì, mi chiedo cosa ci faccia qui un militare e se la cosa non sia collegata".
Quando uscimmo dal monumento il sole stava già calando all'orizzonte, il conte ci raggiunse al molo appena in tempo per salpare.
"Viaggeremo di notte e domani all'alba saremo all'isola di Phile, Iside vi attende" disse il capitano con un tono che probabilmente solo io trovai un po' sinistro.

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