lunedì 7 marzo 2016

Un'arma magica

Il maestro ci convocò un pomeriggio di settembre, non si poteva certo dire che Aufor fosse un nano di tante parole. Appena entrati nel tempio ci fece un solo cenno e si dileguò dentro una stanza alla sinistra della navata centrale. Io e Lovengin lo seguimmo senza fare commenti.

Dovete sapere che il tempio, oltre la parte sacra dove avvengono i riti e dove i chierici si ritirano in preghiera, è composto di una moltitudine di stanze che ogni chierico occupa come se fosse la propria casa, quello che probabilmente sfugge ai più sono le stanze sotto il tempio. Neppure io dopo anni e anni di studi conosco completamente tutte le stanze che si trovano nel sottosuolo.
Quella sera io e il mio compagno seguimmo l'anziano nei sotterranei e ci ritrovammo in una fucina. Due fabbri stavano lavorando il metallo battendo sull'incudine ritmicamente avevano forgiato una lama scintillante dalla forma assai strana.
Un terzo chierico si avvicinò e prese delle molle sollevò la lama la esaminò silenzioso sia da un lato che dall'altro, poi la posò nuovamente sulla superficie scura dell'incudine e prendendo il maglio gli assestò dei colpi ritmici. Quindi iniziando a recitare un antico rito immersela lama nella fucina e una volta riportata sull'incudine iniziò un lavoro meticoloso di cesello.
Noi attendemmo in silenzio alle sue spalle fino a quando le parole si spensero nella sua gola e alzando nuovamente la lama fu soddisfatto del lavoro.
"Lovengin, questa sarà la tua ascia, essa custodisce diversi incantesimi che si attiveranno ogni qual volta ne avrai bisogno".
Lovengin guardando il maestro fece un passo avanti. La lama era pronta ma ancora non aveva un legno per poterla impugnare come si deve.
"Andrai con Khellendrox e insieme, nella foresta cercherete l'albero adatto a questa lama, una volta tagliato il ramo ideale lo avvolgerete con una corta e lo lavorerete con l'incantesimo di Protezione e Resistenza. Tornerete qui e solo allora la tua arma sarà completa e potrai andare alla ricerca dell'artefatto.
Rimasi un po' deluso, avrei voluto seguire Lovengin, uscire dalla cittadella, attraversare il bosco e addentrarmi nelle terre di confine dove sapevamo tutti il losco figuro stava portando l'artefatto.
Non dissi nulla e con l'amico di sempre lasciai il tempio per addentrarmi nella foresta.
La ricerca non fu affatto complicata e quasi fossimo guidati, trovammo immediatamente l'albero giusto per l'arma di Lovengin.
Egli prendendo l'ascia che gli pendeva dal fianco recise il ramo, ne saggiò il peso e la robustezza, poi iniziò a legare la corta intorno ad esso.
Quando oramai il sole era calato dietro i monti tornammo al tempio.
Sfortunatamente il maestro ci impedì di scendere nel sottosuolo e ci costrinse a restare in silenzio e seguire la celebrazione, poi, solo quando il chierico che stava officiando concluse le preghiere della sera, il maestro ci fece strada verso la fucina.
Qui, il chierico che in precedenza aveva posto gli incantesimi sulla lama, ci stava aspettando, prese il bastone che gli porse Lovengin e sorrise "ottimo lavoro" poi iniziò infilò l'occhiello della lama nel bastone e quindi lo fissò definitivamente.
Disse ancora qualche parola sottovoce, probabilmente un ulteriore incantesimo, poi impugnando l'arma oramai pronta la fece volteggiare nell'aria e quando la lama fendette l'aria davanti a me da destra a sinistra avvertii un suono leggero e acuto.
"L'arma è pronta, ne sarai sicuramente degno" porgendo l'ascia a Lovengin. Sarà lei a guidarti e sarà lei ad avvertirti del pericolo. Quando la lancerai tornerà da te senza prima aver colpito il nemico prescelto".
Lovengin prese l'arma ne constatò la leggerezza e la maneggevolezza e poi la legò al fianco al posto dell'ascia che aveva usato fino ad allora.
Posò la sua arma sul bancone e due nani la presero in consegna.
"Domani partirai all'alba e fai buona caccia, ricordati è di vitale importanza che tu riesca nell'impresa, l'artefatto deve tornare al suo posto prima che il Mago nero possa provare il suo spaventoso potere".

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