martedì 21 giugno 2016

La regina Glycidia

Tanto tempo fa vivevano in una terra rigogliosa due sorelle, alla morte del re, la più anziana delle due rimase delusa dalla decisione del padre di incoronare regina la più giovane e così, decise di rivolgersi alla megera dei boschi.

La fattucchiera, donna anziana e conoscitrice della magia oscura, quando sentì le pretese della principessa le disse che poteva esaudire le sue richieste ma avrebbe dovuto pagare un pegno. Ogni anno che la sorella avesse passato lontano da corte, sarebbe costato una ruga sul viso della principessa.
La principessa stese una mappa sul tavolo della megera e le indicò un punto preciso "qui, domani pomeriggio avverrà il maleficio" disse perentoria.
La donna anziana guardò la mappa e sogghignò "e sia" disse ripiegando la pergamena e lasciandola cadere dal tavolo.
La principessa tornò a palazzo e cenò come faceva abitualmente con la sorella e alcuni dignitari, poi, si ritirò molto presto quella sera.
La mattina successiva la futura regina, si fece sellare il suo cavallo e uscì molto presto da palazzo. Attraversò le pianure estese del Grloing e a mezzogiorno si fermò a pranzo dalla cugina Matilde. Le due ragazze parlarono dei propositi del futuro. La ragazza che sarebbe diventata presto regina si dimostrò molto matura malgrado l'età "farò cessare le guerre e aumenterò le difese al nord" disse sollevando gli applausi e i sorrisi della cugina, poi si accomiatò tornando verso le pianure facendo la stessa strada che aveva solcato la mattina.
Quando fu al centro della pianura, il cielo si oscurò improvvisamente e fulmini caddero colpendo alcuni alberi che ornavano il sentiero.
La ragazza spronò il cavallo perché aumentasse l'andatura, poi accadde l'inimmaginabile, dal cielo cadde pioggia nera che andando a depositarsi sul terreno formò pozze maleodoranti. Il cavallo iniziò a sprofondare in quella melma e ben presto non riuscì più a procedere.
Glycidia dovette scendere dal destriero e continuare a piedi tentando di poggiare i piedi su alcune rocce che fortunatamente per lei sporgevano dal fango nerastro.
Il suo cammino durò molto poco, la pioggia scura le impedì ben presto di vedere dove stesse mettendo i piedi e sprofondando inesorabilmente si ritrovò sommersa nel fango.
Dopo una sola mezz'ora la fugura regina era ricoperta completamente dalla melma scura e quando il terreno sopra di lei si chiuse in una morsa capì, troppo tardi che era caduta in una trappola.
Rimase così intrappolata, sopra uno strato spesso di fango nero, sotto acqua salmastra che tendeva a salire ad intervalli regolari.
Glycidia riuscì a restare in quel limbo per alcune ore, poi le forze le vennero meno e si lasciò scivolare nei freddi flutti marini.
Dovevano essere passate diverse ore, forse giorni, quando con gran forza di volontà aprì gli occhi, sopra di essa vide nuovamente quella crosta nerastra chiusa e opprimente. L'acqua salmastra l'aveva completamente ricoperta, mosse le gambe e fu allora che notò il cambiamento. Gli arti inferiori erano mutati, al loro posto era cresciuta un enorme coda squamosa. La creatura non più Glycidia si mosse veloce nell'acqua divenuto il suo ambiente naturale. 
Notò con sorpresa che anche i pesci più grossi e spaventosi si spostavano al suo passaggio, altri addirittura viravano scomparendo. La sua testa, una volta ornata da lunghi capelli, quando riuscì a vedersi, la vide anch'essa mutata, e con fervore trovò quelle corna del tutto inaspettatamente intriganti. Ora sapeva come sarebbe uscita da quell'impiccio, da quella trappola.
Nuotò nuovamente verso la superficie, sapeva che non l'avrebbe trovata, ma era conscia di come ne sarebbe venuta fuori.
Arrivata dove l'acqua sbatteva contro la crosta melmosa dura e nera, iniziò a dar cornate verso l'alto e non ci volle molto per creare delle piccole crepe. La sua collera crebbe unita alla consapevolezza di chi le aveva fatto tutto questo.
Passarono ore, forse giorni, la creatura, troppo impegnata a far breccia in quella materia coriacea non si accorse del tempo trascorso, poi avvenne il miracolo.
La creatura sbucò dai flutti, guardò il cielo che stava ingrigendo e una volta seduta sulla crosta terrestre, appoggiando una mano al suolo, pronunciò un unica parola "Maleficum" e il terreno iniziò a tremare..."

Il tremore fu talmente forte che tutta la crosta nera che si era depositata su quella che un tempo era una piana rigogliosa si crepò liberando i ciuffi verdi.
La creatura pur avendo una coda al posto delle gambe si mosse sulla superficie terrestre, inizialmente faticando e non poco, poi trasse un respiro, le bastò pensare a quello che avrebbe potuto fare per riuscire a farlo e senza il minimo sforzo. Ora sapeva, ora poteva, ora doveva. 
La megera sarebbe stata la sua prima vittima sacrificale, poi, una volta eliminato l'incantesimo che la teneva legata a quel corpo sarebbe andata verso il palazzo reale e allora si che avrebbe trovato giustizia.
Sorvolando la pianura arrivò fino al bosco, non servì entrare nella capanna dell'anziana, fu lei ad uscire, i loro occhi si incrociarono sfidandosi, poi la regina appoggiandosi al suolo brullo appoggiò le mani sulla nuda terra e dopo aver pronuncianto nuovamente un'unica parola, sotto i piedi della megera si formò una dolina, e lei, in un istante fu inghiottita dal terreno che poco dopo si richiuse su di essa.
Una volta morta la vecchia Glycidia riacquistò l'uso delle gambe, al contrario la sua testa restò ornata di quel palco di corna, non ne fece un cruccio, anzi si alzò sulle gambe inizialmente malferme e un passo dopo l'altro si avviò verso il duello finale, avrebbe trovato giustizia e si sarebbe ripresa il trono.
La guerra con Triglya era appena iniziata, e sarebbe durata probabilmente anni, e non avrebbe risparmiato nessun angolo del regno, ma Glycidia risoluta andò verso il suo destino. 

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