martedì 23 febbraio 2016

La loggia nera

Tutto iniziò una sera di quel tardo inverno, la duchessa era da tempo afflitta da uno strano malessere, spossata e pallida si era ritirata nelle sue stanze del castello senza cenare. Il marito, piuttosto preoccupato per le condizioni della moglie aveva fatto chiamare a corte diversi specialisti ma solo uno di loro, non certo un "dottore", una volta visitata la donna si era appartato con lui e gli aveva sussurrato una cura alquanto bizzarra.
A sentir quelle parole aveva scacciato quell'uomo che aveva definito rozzo e crudele, poi nei giorni successivi, vedendo la sua dama peggiorare, aveva rimugginato sulla proposta di quello straniero.
Certo, se qualcuno fosse venuto a conoscenza di ciò che stava per fare lo avrebbero tacciato di crudeltà o forse peggio, l'avrebbero bruciato in pubblica piazza, ma del resto a lui poco importava di ciò che pensava o credeva la gente, lui, solo di una cosa era sicuro Amelia doveva ritornare ad essere la donna che aveva conosciuto e amato.
La notte non riuscì a dormire, i suoi sogni si popolarono di presagi e inquieto si svegliò sudato e ancor più stanco di quanto non fosse prima di coricarsi. Chiamato uno dei ciambellani gli aveva ordinato di trovargli Ivan e Carmilla, solo loro avrebbero potuto fare ciò che aveva elaborato.
L'uomo, conoscendo la fama che avevano i due loschi individui desiderati dal sovrano fu lì lì per protestare ma poi, vedendo lo sguardo risoluto del suo signore non aggiunse altro e uscito dal castello si recò al vicino villaggio.
Quando raggiunse l'abitazione dei due, non fu necessario neppure bussare, Carmilla si presentò alla porta "il signore richiede i nostri servigi dunque".
Il ciambellano non rimase sorpreso più di tanto, sapeva infatti, per sentito dire, s'intende, che la ragazza aveva delle manifeste proprietà non del tutto ortodosse, più di uno dei villani aveva riferito che sia lei che Ivan erano conoscitori di magia nera e praticavano arti non del tutto chiare.
Forse erano solo voci o forse erano chiacchiere scaldate dagli effluvi dell'alcol, fatto sta che anche quel mattino, sembrò che la donna già sapesse cosa era venuto a fare lì quel emissario.
"Ivan è uscito ma sarà mia cura riferirgli che il duca ci cerca".
All'uomo, mandato dal sovrano non restò che chinare il capo e gettare ai piedi della donna un sacchetti di pelle scura che al contatto col terreno tintinnò.
Carmilla, senza varcare la soglia si chinò a raccogliere l'omaggio dell'ambasciator del duca e poi richiuse la porta alle sue spalle.
Il ciambellano, rislito a cavallo corse all'impazzata al castello e una volta trovato il duca gli disse che la missione era stata portata a termine con successo e che presto i due si sarebbero presentati a corte.
Il duca tornò al capezzale della moglie e le sussurrò all'orecchio che presto quello stato sarebbe finito, la consolò dicendole parole dolci e soprattutto cercò, senza entrare nei dettagli, di rassicurarla sul suo prossimo stato di salute.
Ivan e Carmilla si fecero annunciare a tarda sera.
Il conte, li invitò a desinare con lui, ma i due declinarono l'invito e così i tre si appartarono in una stanza al secondo piano e qui vi rimasero per alcune ore lontani da orecchie e occhi indiscreti.
Quando il conte tornò a tavola sembrò essere di buon umore e il  ciambellano che lo stava attendendo per conoscere i suoi piani futuri, si complimentò con lui sperando che il sovrano si aprisse e gli dicesse cosa avesse in mente.
Il duca mangiò il resto della cena in silenzio poi tornò dalla moglie in attesa che durante la notte accadesse ciò per cui aveva chiamato i due "accoliti". (Foto di Massimo de Chirico)

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