martedì 3 maggio 2016

Giganti

I due giganti si affrontarono sul calare della sera, ancora oggi non si sa il motivo preciso per cui si diedero appuntamento in quel luogo dimenticato dagli uomini e dagli dei.
Entrambi della stessa tribù, arrivarono puntuali all'appuntamento, si salutarono come se fossero vecchi amici o addirittura fratelli di sangue, poi tirando fuori le proprie armi preferite iniziarono lo scontro.

Il gigante dalla barba rossa prese la propria spada con entrambe le mani e tentò di colpire con violenza il proprio avversario, prontamente, egli, alzò lo scudo e scintille si levarono ad illuminare entrambi i visi colmi di rabbia e furore.
Di risposta l'altro, fece roteare la propria mazza chiodata, i tratti del suo viso si fecero strani, la sua pelle, da chiara divenne di un colore verde e il sorriso tirato divenne un ghigno orrorifico "prega i tuoi dei, perché la tua ora è vicina" disse scaraventando addosso all'avversario l'estremità chiodata della sua arma.
I lunghi e accuminati chiodi, si conficcarono nell'armatura di piastre che si tinse di un coloro cremisi, il suo viso restò imperturbabile, neppure un lamento uscì dalla sua bocca larga, solo un grido di battaglia mentre tornando ad alzar la spada colpì l'altro in pieno viso.
Lo squarcio, profondo deturpò ancor più i tratti già sgraziati del gigante, barcollò, poi, facendo un passo indietro con il piede sinistro ritrovò l'equilibrio, fissò il barbuto con la spada come se fosse la prima volta che lo vedesse, si morse il labro inferiore, poi lasciando cadere lo scudo prese il lungo bastone della propria mazza e alzandola sopra la sua testa la calò violentemente sull'avversario.
Alzando la spada tentò di parare quel colpo violento, il suo braccio destro tremò all'impatto delle due armi, fu questione di un attimo, la presa gli sfuggì e la spada scivolò di lato lasciando che i chiodi della mazza andassero a colpire il suo cranio.
Alcuni curiosi, sentendo le grida e il rumore di ferraglia, si erano radunati e assistevano silenziosi allo scontro, al colpo micidiale al cranio, giurano di aver visto sulla testa del malcapitato aleggiare una presenza, chi parla di uno spirito benigno a protezione del gigante, chi invece, al contrario, preferisce definire quell'ombra la morte stessa pronta a rapire l'anima del ferito, chi ancora non si sbilancia ma sicuramente ha assistito all'ultima parte dello scontro con un occhio chiuso e un occhio aperto, forse per la paura di essere rapito lui stesso da quella presenza ingombrante e eterea.
Il gigante barbuto, dopo aver ricevuto quel colpo mortale, si chinò per riprendere l'arma, sapendo di mostrare così la schiena all'avversario, l'altro, senza indugio, avanzando, tornò a preparare un nuovo colpo, questa volta tentando di colpire il nemico sul fianco ruotò la propria mazza a sinistra e quindi con entrambe le mani si affrettò a fargli compiere un arco veloce e preciso.
Il nemico, malgrado la posizione, si affrettò a chinarsi ulteriormente gettandosi in terra e, dopo aver preso la spada, si rotolò sul fianco del nemico.
Il colpo furente, andato a vuoto sbilanciò il gigante che si ritrovò a doversi appoggiare alla propria arma per non cadere.
E fu così che all'altro bastò alzare la propria spada e infilzare l'addome dell'avversario trafiggendolo da parte a parte.
La piana divenne silenziosa, poi urla di giubilo misto a terrore giunsero dai presenti, una luce inondò la scena dello scontro e i due giganti ancora marmorei in quella posa, si dileguarono in quel bagliore scomparendo per sempre alla vista umana.

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