I
due giganti si affrontarono sul calare della sera, ancora oggi non si
sa il motivo preciso per cui si diedero appuntamento in quel luogo
dimenticato dagli uomini e dagli dei.
Entrambi della stessa tribù,
arrivarono puntuali all'appuntamento, si salutarono come se fossero
vecchi amici o addirittura fratelli di sangue, poi tirando fuori le
proprie armi preferite iniziarono lo scontro.
Il gigante dalla
barba rossa prese la propria spada con entrambe le mani e tentò di
colpire con violenza il proprio avversario, prontamente, egli, alzò lo
scudo e scintille si levarono ad illuminare entrambi i visi colmi di
rabbia e furore.
Di risposta l'altro, fece roteare la propria mazza
chiodata, i tratti del suo viso si fecero strani, la sua pelle, da
chiara divenne di un colore verde e il sorriso tirato divenne un ghigno
orrorifico "prega i tuoi dei, perché la tua ora è vicina" disse
scaraventando addosso all'avversario l'estremità chiodata della sua
arma.
I lunghi e accuminati chiodi, si conficcarono nell'armatura di
piastre che si tinse di un coloro cremisi, il suo viso restò
imperturbabile, neppure un lamento uscì dalla sua bocca larga, solo un
grido di battaglia mentre tornando ad alzar la spada colpì l'altro in
pieno viso.
Lo squarcio, profondo deturpò ancor più i tratti già
sgraziati del gigante, barcollò, poi, facendo un passo indietro con il
piede sinistro ritrovò l'equilibrio, fissò il barbuto con la spada come
se fosse la prima volta che lo vedesse, si morse il labro inferiore, poi
lasciando cadere lo scudo prese il lungo bastone della propria mazza e
alzandola sopra la sua testa la calò violentemente sull'avversario.
Alzando la spada tentò di parare quel colpo violento, il suo braccio
destro tremò all'impatto delle due armi, fu questione di un attimo, la
presa gli sfuggì e la spada scivolò di lato lasciando che i chiodi della
mazza andassero a colpire il suo cranio.
Alcuni curiosi, sentendo
le grida e il rumore di ferraglia, si erano radunati e assistevano
silenziosi allo scontro, al colpo micidiale al cranio, giurano di aver
visto sulla testa del malcapitato aleggiare una presenza, chi parla di
uno spirito benigno a protezione del gigante, chi invece, al contrario,
preferisce definire quell'ombra la morte stessa pronta a rapire l'anima
del ferito, chi ancora non si sbilancia ma sicuramente ha assistito
all'ultima parte dello scontro con un occhio chiuso e un occhio aperto,
forse per la paura di essere rapito lui stesso da quella presenza
ingombrante e eterea.
Il gigante barbuto, dopo aver ricevuto quel
colpo mortale, si chinò per riprendere l'arma, sapendo di mostrare così
la schiena all'avversario, l'altro, senza indugio, avanzando, tornò a
preparare un nuovo colpo, questa volta tentando di colpire il nemico sul
fianco ruotò la propria mazza a sinistra e quindi con entrambe le mani
si affrettò a fargli compiere un arco veloce e preciso.
Il nemico,
malgrado la posizione, si affrettò a chinarsi ulteriormente gettandosi
in terra e, dopo aver preso la spada, si rotolò sul fianco del nemico.
Il colpo furente, andato a vuoto sbilanciò il gigante che si ritrovò a doversi appoggiare alla propria arma per non cadere.
E fu così che all'altro bastò alzare la propria spada e infilzare l'addome dell'avversario trafiggendolo da parte a parte.
La piana divenne silenziosa, poi urla di giubilo misto a terrore
giunsero dai presenti, una luce inondò la scena dello scontro e i due
giganti ancora marmorei in quella posa, si dileguarono in quel bagliore
scomparendo per sempre alla vista umana.
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