domenica 11 ottobre 2015

Storie di fantasmi - Seconda parte

Terrorizzata dal quel sogno si svegliò di soprassalto, la stanza era ancora immersa nel buio, smise di respirare e sentì provenir dalla finestra il ticchettio ritmato della pioggia, poi un fulmine illuminò la stanza e subito dopo un bontolio prolungato la fece trasalire, il temporale era ancora molto vicino e stava scatenando tutta la sua furia sulla fortezza.
A tentoni cercò il candelabro che aveva appoggiato sul comodino alla sua destra e trovando anche il fiammifero vicino al basamento in ottone, lo strusciò contro la superficie ruvida del muro così da sprigionare una flebile fiammella, si avvicinò ai corti stoppini dei tre mozziconi di candele e le accese una alla volta.

Lunghe ombre si muovevano sulla parete parzialmente illuminata dalle tre candele, uscì dalle coltri pesanti del letto a baldacchino, si sistemò meglio la lunga veste e tenendo il candelabro con la mano sinistra si mosse lentamente verso la porta.
Dopo i primi passi, incerti e lenti, le parve di sentire una voce, si fermò, deglutì e smettendo nuovamente di respirare cercò di sentire anche il minimo rumore. La voce, questa volta, le sembrò essere più vicina, abbassò lentamente la maniglia della porta e uscì nel corridoio.
Il pavimento sotto i suoi piedi nudi era freddo e umido, guardò davanti a sé e non si accorse di una stranezza che corredava il lungo corridoio. Fece alcuni passi e nuovamente la voce infatile si fece avanti "Aiutaci..."
Monica si fermò di scatto un po' di sorientata, non poteva certo entrare in una delle stanze che si affacciavano sul corridoio, avrebbe potuto trovare il conte a letto o magari qualche altro ospite e sorprenderlo in chissà quale modo, avrebbe potuto esser tacciata di curiosità inammissibile da parte di una giovane donna e per di più ospite forzata. Risoluta nel voler aiutare la ragazza dalla voce insistente, pensò ad una scusa plausibile da usare nel caso fosse entrata in una stanza abitata. Fu allora che vide le piccole candele che illuminavano il bordo del corridoio.
La visione la spaventò non poco, pensò immediatamente si trattasse di una sorta di presagio, si guardò alle spalle e vide la porta della propria camera socchiusa dalla quale filtrò una luce intermittente che si spense poco dopo.
Tornando a guardar davanti a sè, fece ancora alcuni passi verso la porta che aveva di fronte, poi ricordò delle scale che aveva percorso seguendo la giovane inserviente, si guardò attorno alzando e abbassando il candelabro ma non trovò alcuna traccia delle scale. In lei crebbe il senso malcelato in precedenza, di smarrimento, se stava vivendo ancora l'incubi precedente, doveva al più presto svegliarsi, se invece, tutto questo era vero, allora si stava ficcando in un bel guaio.
A distoglierla da quel pensiero opprimente ci pensò nuovamente la ragazzina o meglio la sua voce "Vieni avanti..."
Monica mettendo un piede davanti all'altro arrivò alla fine del corridoio. La porta davanti a lei, uguale a quella che aveva lasciato alle sue spalle, era chiusa, doveva solo abbassare la maniglia e sarebbe arrivata a destinazione, pensò tra sé e sé, ma prima di far questo, fece un gesto sciocco ma volutamente consapevole, appoggiò il candelabro a terra e si diede un pizzicotto sul braccio destro.
Il dolore fu solo momentaneo, chiuse gli occhi e li riaprì sperando in cuor suo di risvegliarsi nel letto a baldacchino, sotto le coltri di coperte, al caldo e lontano da quel corridoio spettrale, e invece, eccola lì, ancora vicino alla porta, e per di più infreddolita dall'umidità opprimente del corridoio.
Riprese il candelabro e chinandosi vide un ragno zampettare vicino ad uno de suoi piedi.
Fece un passo in dietro rischiando di perder l'equilibrio e ruzzolar sul pavimento umido, dovette, inoltre, mordersi il labro inferiore per non urlare di terrore. Una lacrima le solcò la guancia destra, poi, fu ancora la voce della ragazzina a farle ritrovare la calma "siamo qui...".
Monica, tornò a guardare la porta chiusa davanti a sé, poi prendendo coraggio fece gli ultimi due passi che la separavano da quell'ostacolo e senza indugio appoggiò la mano destra sulla maniglia che cedette alla sua forza cigolando.
Spinse verso l'interno con cautela, alzando il candelabro così da poter illuminare l'interno della stanza di mano in mano che apriva la porta. Lo stupore per ciò che vide, prese il sopravvento sulla paura e sul dolore auto provocato dal morso al labro che stava leggermente danguinando. (Con Monica Taty Baraccani. Foto di Marco Elli)

Per chi volesse leggere qui trova la Prima parte

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