giovedì 24 dicembre 2015

Il prigioniero

La giovane donna, era stata avvicinata da un uomo che senza dirle nulla le aveva consegnato una pergamena. Stava per chiedergli qualcosa ma non fu abbastanza lesta, l'uomo scomparve in un baleno ed ella rimase sola.
Aprì la missiva e la lesse velocemente, si trattava di un incarico e anche ben retribuito a quanto pare, doveva andare a Tjlot trovare la taverna "Premonizioni Smarrite" e le avrebbero dato le informazioni che cercava riguardanti un tal nano di nome Khellendrox.
A quanto pare, si trattava di un chierico che era stato rapito, e siccome non si voleva destare clamore, veniva incaricata lei di tale incarico. Si consigliava di raccogliere intorno a sè almeno altri quattro avventurrieri che fossero esperti e valorosi.

Monhik ripiegò la pergamena e la infilò in tasca, poi dalla borsa prese la mappa della zona. La aprì e iniziò a guardare la zona che le interessava.
Per arrivare in quella piccola cittadina sperduta sui monti, doveva attraversare altre due città, calcolò che ci avrebbe messo due giorni.
Ripiegò la carta, e risalita sul suo cavallo, lo lanciò al galoppo. Mentre attraversava quella immensa pianura le tornarono alla mente le parole della missiva, era sicura di aver già sentito quel nome ma non ricordava dove.
Il viaggio fu veloce e senza intoppi, quando fu sera decise di cercare una sistemazione per la notte. Riaprì la mappa e con suo grande rammarico vide che la cittadina che aveva pensato di raggiungere era ancora lontana, non avrebbe fatto in tempo prima che calasse del tutto il buio e quindi pensò di sfruttare le sue arti oratorie e chiedere ospitalità.
Scese da cavallo e tenendolo per le briglie si avvicinò ad un casolare, dalle finestre filtrava una luce fioca e dal camino usciva un fumo grignognolo che ogni tanto si abbassava verso terra portandole un buon profumo di legna.
Legò l'animale alla staccionata e poi bussò alla porta. Sentì dei passi provenire dall'interno, attese e quando la porta si aprì fece un leggero inchino "salve, mi chiamo Monhik e chiedo umilmente ospitalità".
L'uomo che le aveva aperto era piuttosto anziano, ascoltò la giovane donna tenendo una mano sulla porta e l'altra lungo il fianco dove pendeva una spada ricurva.
"Buona sera" rispose, poi aprì meglio la porta e la fece entrare "entrate pure mia signora, se vorrete accontentarvi, potrete sicuramente restare".
La ragazza oltrepassò la soglia e attese che l'uomo richiudesse la porta alle loro spalle.
"Il mio nome è Antidro, siamo contadini del duca, stavamo mangiando. Seguitemi".
Percorse il lungo corridoio sul quale si affacciavano due porte sulla destra ed entrò nell'ultima stanza prima delle scale che portavano al secondo piano.
La sala era illuminata da candele appese strategicamente al centro e tenute sollevate da una vecchia ruota di un carro. Il tavolo, messo in diagonale ospitava quattro bambini che all'arrivo della ragazza le si fecero attorno iniziando a farle delle domande "come ti chiami? chiese la bimba più piccola, poi subito dopo il ragazzo più grande "hai delle belle spade, devi essere una guerriera".
Gli altri due le chiesero da dove venisse e se aveva intenzione di fermarsi a lungo.
Antidro le indicò una sedia, poi sgridò bonariamente i bambini che tornarono al loro posto e silenziosi ripresero a mangiare. In quel momento entrò nella stanza una donna piuttosto corpulenta seguita da un giovane uomo "Pa' quante volte ti ho detto di non far entrare nessuno?" disse il ragazzo guardando la nuova arrivata.
"Su, su, chiedeva solo ospitalità per la notte" si schernì il vecchio.
Monhik si alzò "scusate l'intrusione, non volevo disturbare. Vorrà dire che cercherò un altro posto per la notte".
La donna, dopo aver posato la pentola le si affiancò e la spinse nuovamente sulla sedia "non siete affatto di disturbo, anzi, dovete scusare mio marito, è piuttosto diffidente".
"E fa bene" disse la ragazza trovandosi nuovamente seduta "con i tempi che corrono non c'è molto da stare allegri".
Tutti si misero intorno al tavolo e mangiarono la zuppa fumante, poi i bambini vollero che la straniera raccontasse loro una storia. Monhik non fece fatica a trovare qualcosa che potesse impressionare, spaventare e appassionare i bambini e così iniziò a raccontare "Dovete sapere che alcuni anni fa...".
Alla fine del racconto Helmet mandò i bambini a letto "salutate Monhik che gentilmente vi ha raccontato la storia, è ora di andare a dormire".
Sendregna invece accompagnò Monhik la proprio giaciglio "dovrai accontentarti, dormirai nella legnaia" percorrendo nuovamente il corridoio e uscendo.
La notte, senza luna era piuttosto buia, e la donna non aveva portato con sè nessuna torcia, camminarono seguendo il muro della casa e dopo una decina di passi raggiunsero un'altra porta. "Eccoci arrivati".
La legnaia era ingombra solo per metà, da una parte era accatastata della legna, dall'altra c'erano alcuni attrezzi. La donna stese della paglia, poi appoggiò le coperte. "In fondo trovi una vasca con l'acqua che usiamo per lavare le verdure, potrai darti una sciacquata" poi la salutò ed uscì "buona notte".
Monhik si tolse i vestiti e si avvicinò alla vasca, l'acqua era fredda ma gradevole. Una volta ripulita dalla polvere del viaggio si rivestì e si sdraiò sulla paglia coprendosi poi con uno dei panni.
"Domani, raggiungendo la città dovrò cercare qualcuno che mi voglia seguire, non potrò promettere grosse ricompense ma cercherò di intortarli con tesori e avventure da raccontare" pensò ad alta voce prima di chiudere gli occhi e addormentarsi.
La giovane donna, era stata avvicinata da un uomo che senza dirle nulla le aveva consegnato una pergamena. Stava per chiedergli qualcosa ma non fu abbastanza lesta, l'uomo scomparve in un baleno ed ella rimase sola.
Aprì la missiva e la lesse velocemente, si trattava di un incarico e anche ben retribuito a quanto pare, doveva andare a Tjlot trovare la taverna "Premonizioni Smarrite" e le avrebbero dato le informazioni che cercava riguardanti un tal nano di nome Khellendrox.
A quanto pare, si trattava di un chierico che era stato rapito, e siccome non si voleva destare clamore, veniva incaricata lei di tale incarico. Si consigliava di raccogliere intorno a sè almeno altri quattro avventurrieri che fossero esperti e valorosi.
Monhik ripiegò la pergamena e la infilò in tasca, poi dalla borsa prese la mappa della zona. La aprì e iniziò a guardare la zona che le interessava.
Per arrivare in quella piccola cittadina sperduta sui monti, doveva attraversare altre due città, calcolò che ci avrebbe messo due giorni.
Ripiegò la carta, e risalita sul suo cavallo, lo lanciò al galoppo. Mentre attraversava quella immensa pianura le tornarono alla mente le parole della missiva, era sicura di aver già sentito quel nome ma non ricordava dove.
Il viaggio fu veloce e senza intoppi, quando fu sera decise di cercare una sistemazione per la notte. Riaprì la mappa e con suo grande rammarico vide che la cittadina che aveva pensato di raggiungere era ancora lontana, non avrebbe fatto in tempo prima che calasse del tutto il buio e quindi pensò di sfruttare le sue arti oratorie e chiedere ospitalità.
Scese da cavallo e tenendolo per le briglie si avvicinò ad un casolare, dalle finestre filtrava una luce fioca e dal camino usciva un fumo grignognolo che ogni tanto si abbassava verso terra portandole un buon profumo di legna.
Legò l'animale alla staccionata e poi bussò alla porta. Sentì dei passi provenire dall'interno, attese e quando la porta si aprì fece un leggero inchino "salve, mi chiamo Monhik e chiedo umilmente ospitalità".
L'uomo che le aveva aperto era piuttosto anziano, ascoltò la giovane donna tenendo una mano sulla porta e l'altra lungo il fianco dove pendeva una spada ricurva.
"Buona sera" rispose, poi aprì meglio la porta e la fece entrare "entrate pure mia signora, se vorrete accontentarvi, potrete sicuramente restare".
La ragazza oltrepassò la soglia e attese che l'uomo richiudesse la porta alle loro spalle.
"Il mio nome è Antidro, siamo contadini del duca, stavamo mangiando. Seguitemi".
Percorse il lungo corridoio sul quale si affacciavano due porte sulla destra ed entrò nell'ultima stanza prima delle scale che portavano al secondo piano.
La sala era illuminata da candele appese strategicamente al centro e tenute sollevate da una vecchia ruota di un carro. Il tavolo, messo in diagonale ospitava quattro bambini che all'arrivo della ragazza le si fecero attorno iniziando a farle delle domande "come ti chiami? chiese la bimba più piccola, poi subito dopo il ragazzo più grande "hai delle belle spade, devi essere una guerriera".
Gli altri due le chiesero da dove venisse e se aveva intenzione di fermarsi a lungo.
Antidro le indicò una sedia, poi sgridò bonariamente i bambini che tornarono al loro posto e silenziosi ripresero a mangiare. In quel momento entrò nella stanza una donna piuttosto corpulenta seguita da un giovane uomo "Pa' quante volte ti ho detto di non far entrare nessuno?" disse il ragazzo guardando la nuova arrivata.
"Su, su, chiedeva solo ospitalità per la notte" si schernì il vecchio.
Monhik si alzò "scusate l'intrusione, non volevo disturbare. Vorrà dire che cercherò un altro posto per la notte".
La donna, dopo aver posato la pentola le si affiancò e la spinse nuovamente sulla sedia "non siete affatto di disturbo, anzi, dovete scusare mio marito, è piuttosto diffidente".
"E fa bene" disse la ragazza trovandosi nuovamente seduta "con i tempi che corrono non c'è molto da stare allegri".
Tutti si misero intorno al tavolo e mangiarono la zuppa fumante, poi i bambini vollero che la straniera raccontasse loro una storia. Monhik non fece fatica a trovare qualcosa che potesse impressionare, spaventare e appassionare i bambini e così iniziò a raccontare "Dovete sapere che alcuni anni fa...".
Alla fine del racconto Helmet mandò i bambini a letto "salutate Monhik che gentilmente vi ha raccontato la storia, è ora di andare a dormire".
Sendregna invece accompagnò Monhik la proprio giaciglio "dovrai accontentarti, dormirai nella legnaia" percorrendo nuovamente il corridoio e uscendo.
La notte, senza luna era piuttosto buia, e la donna non aveva portato con sè nessuna torcia, camminarono seguendo il muro della casa e dopo una decina di passi raggiunsero un'altra porta. "Eccoci arrivati".
La legnaia era ingombra solo per metà, da una parte era accatastata della legna, dall'altra c'erano alcuni attrezzi. La donna stese della paglia, poi appoggiò le coperte. "In fondo trovi una vasca con l'acqua che usiamo per lavare le verdure, potrai darti una sciacquata" poi la salutò ed uscì "buona notte".
Monhik si tolse i vestiti e si avvicinò alla vasca, l'acqua era fredda ma gradevole. Una volta ripulita dalla polvere del viaggio si rivestì e si sdraiò sulla paglia coprendosi poi con uno dei panni.
"Domani, raggiungendo la città dovrò cercare qualcuno che mi voglia seguire, non potrò promettere grosse ricompense ma cercherò di intortarli con tesori e avventure da raccontare" pensò ad alta voce prima di chiudere gli occhi e addormentarsi.
Monhik, seguita dal nano Giovelix e dalla maga Chestrev uscirono dalla cittadina prendendo la via principale, stavano parlando tra loro quando vennero raggiunti da una donna vestita di bordeaux, aveva a tracolla uno strumento molto particolare.
Monhik smise di parlare e la guardò, forse il suo sguardo si soffermò troppo a lungo, infatti la piccola elfa ricambiò lo sguardo "bisogno?".
"Scusate, non ho potuto non notare il vostro strumento".
L'elfa, prese lo strumento, e iniziò a suonarlo delicatamente, le note si susseguirono e i tre ascoltatori restarono incantati.
Il nano fu il primo a distogliere l'orecchio dalle note incantate dell'elfa "siete molto brava, sicuramente di scuola elfica e bardica".
La ragazza smise di suonare e anche Monhik e Chestrev si ripresero dal torpore della magia musicale.
A Monhik venne un'idea "siete molto brava e vi chiedo se avete voglia, con la vostra arte di guadagnare qualche soldo".
Senza alcuna spiegazione l'elfa accettò "il mio nome è Espenya, vi seguirò volentieri" poi tra sé e sé "almeno fino alla prossima città".
Così il gruppo riprese il cammino verso la capitale dove erano attesi alla locanda.

 Da quando erano arrivati a Tjlot non aveva smesso di piovere. Monhik, il nano Giovelix e la maga Chestrev avevano preso alloggio alla locanda mentre l'elfa Espenya si era staccata dal gruppetto inventando una scusa, ma aveva promesso che sarebbe tornata molto presto.
La taverna "Premonizioni smarrite" ben si adattava al nome, infatti tutte le sere arrivavano da più parti della regione alcune donne che si spacciavano per maghe o indovine e il più delle volte leggevano le carte o la mano a stranieri di passaggio.
Quella sera non mancarono di arrivare le solite quattro donne e dopo aver parlottato con l'oste, si erano messe ogniuna ad un tavolo differente. La prima, aveva tirato fuori da una tasca del vestito, un mazzo di carte, sgualcito dal tempo e dall'umidità mescolava le carte con destrezza e si guardava attorno. La seconda, posta di fronte aveva mescolato frettolosamente e poi aveva posizionato le carte sul tavolo, parlottava a bassa voce.
Le altre due erano al capo opposto della stanza e aveva ordinato da bere e da mangiare.
Monhik andò direttamente dalla seconda cartomante. Quando le si presentò di fronte la giovane donna spostò lo sguardo dalle carte a Monhik con sguardo interrogativo.
"Voglio sapere se conoscete un certo Khellendrox e se sapete cosa gli sia capitato".
La giovane prese dal mazzo alcune carte e se le portò davanti al viso osservandole, poi le posò una a una lentamente sopra a quelle che già erano sul tavolo.
"Il nano che state cercando è prigioniero nella vecchia torre. Sembra disabitata ma in verità è ben protetta, dunque diffidate delle apparenze"
Monhik sospirò e prendendo una sedia si sedette al tavolo "potete dirmi altro?".
"Avete al vostro fianco gente degna, che vi aiuterà nell'impresa ma, diffidate della maga, ella vorrà più di quanto le aspetta e così facendo potrebbe mettervi tutti nei guai".
Monhik volse lo sguardo verso il tavolo dove il nano e Chestrev stavano chiacchierando tra loro, indecisa se chiamarli o meno attese qualche secondo, poi mentre stava per tornare ad interrogare la giovane, si aprì la porta della locanda ed entrò Espenya seguita da due grossi energumeni. La spinsero in malo modo dentro il locale, sembrava che la tenessero legata o comunque immobilizzata vicino a loro in un qualche modo, uno dei due parlò veloce "chi di voi sta cercando il nano?".
Giovelix si alzò "io sto cercando un cugino, arrivato qui e poi scomparso. Voi, avete per caso sue notizie?".
La cretura spinse Espenya che per poco non cadde ai piedi del nano. Teneva le mani dietro la schiena come se fossero legate, ma il nano non vide nessun legaccio, il volto era rigato da lagrime oramai asciutte che avevano consumato il trucco degli occhi "non venite a patti con loro" riuscì a sussurrare all'indirizzo del nano prima di rotolare in terra.
I due si guardarono attorno e poi impugnarono grossi martelli "non avrete informazioni, ma solo morte" quindi si gettarono sul nano che prese l'ascia bipenne e con abile mossa riuscì a parare il colpo che gli veniva inferto.
Chestrev, ancora seduta al tavolo, disegnò con il dito indice una runa sul piano di legno, poi disse tre parole e quindi sul palmo aperto della propria mano destra comparve una sfera di fuoco azzurra. La donna guardò la seconda creatura che stava arrivando vicino a lei e con un guizzo lanciò la sfera infuocata verso di lei, colpendola in pieno petto. Il mostro barcollò all'impatto e dopo aver ruggito di dolore raggiunse il tavolo dove calò il martello mandandolo in frantumi.
Monhik prese le due spade che le pendevano dai fianchi e con un balzo fu dietro alla creatura che aveva cercato di colpire il nano, il mostro, non si avvide del suo arrivo e tornò a colpire il nano che questa volta non riuscì a parare il colpo.
Giovelix colpito alla spalla destra contrattaccò facendo roteare l'ascia bipenne e incidendo con rabbia il fianco destro del nemico. Dolorante, lasciò il martello e portò entrambe le mani alla ferita per tamponare la fuori uscita di sangue. Fu in quel mentre che Monhik sferrò il suo attacco e la creatura cadde a terra esanime.
Chestrev indietreggiò sulla sedia che si impennò sui piedi posteriori, la caduta fu lenta ma inesorabile e il mostro che aveva mandato in frantumi il tavolo, con un ulteriore passo fu sulla maga. La donna recitò velocemente una breve filastrocca e il mostro si trovò impossibilitato a muovere le gambe, infatti dal pavimento erano cresciuti dei rovi che gli avevano avvolto le caviglie. In soccorso arrivarno sia Giovelix che Monhik, il primo sollevò l'ascia e colpì la creatura tra le scapole mentre la donna con un balzo, tenendo le lame incrociate andò a recidere di netto la testa dell'assalitore.
La taverna piombò nel silenzio, l'oste ancora scosso per l'accaduto si riprese uscendo da dietro al bancone e guardando i due mostri e il tavolo in frantumi "in tanti anni non mi..." le parole si trasformarono in un pianto.
"Non vi preoccupate, non vi daranno più fastidio" cercò di tranquillizzarlo il nano.
In tutto questo, le quattro donne erano rimaste ai loro tavoli, senza battere ciglia.
"Ora dovete andare" disse la cartomante "qui non siete più al sicuro".
Così Monhik, Giovelix aiutarono Chestrev a rialzarsi che, dopo essersi spolverarata la lunga gonna cercò di protestare "non dovevate, ce l'avevo in pugno, l'avrei sicuramente ucciso con un colpo...".
"Lascia perdere, i ringraziamenti a dopo" disse il nano che poi andò verso Espenya "di te si occuperà la maga"
"Sono solo legata, qualcuno vorrebbe slegarmi?".
"Io di certo non posso, visto che non vedo alcun legaccio tra i vostri polsi" rimbrottò il nano.
Chestrev, si avvicinò alla cantastorie e dopo aver osservato i polsi uniti dietro la schiena li toccò con l'indice e il medio uniti della mano sinistra "sciogliti!".
Espenya fu libera "grazie".
"Dopo ci racconterai, ora sarà meglio uscire".
Monhik salutò l'oste pagando il dovuto e quindi uscì dalla taverna seguita dagli altri tre compari.
 La torre dominava la vallata, era stata costruita molti secoli prima da un popolo fiero e agguerrito, poi, una volta conquistato, il vincitore l'aveva lasciata andare in rovina. Gli abitanti del villaggio che era sorto ai suoi piedi parlavano di strane storie, alcuni dicevano che era stata abitata da spiriti, altri che l'avevano riempita di prigionieri e poi lasciati a morire di stenti.
Quella mattina di settembre L'alchimista era nel suo laboratorio, circondata da provette e polveri stava mescolando tranquillamente un piccolo recipiente di rame posto sulla fiamma viva che aveva provveduto personalmente ad accendere.
Qualcuno bussò alla porta piuttosto violentemente. LuccyLin non si preoccupò di andare ad aprire, sapeva che la piccola Carhiod stava al piano di sotto e che ci avrebbe impiegato meno tempo a raggiungere l'ingresso principale.
La maga era andata in biblioteca di buon mattino sperando di non essere disturbata, dopo aver perlustrato a lungo i libri presenti in quella stanza aveva deciso di dedicare la propria attenzione a due tomi piuttosto voluminosi. Era salita su una scala e delicatamente li aveva estratti dai loro posti, poi, facendo attenzione a non sciuparli, li aveva appoggiati delicatamente sul largo tavolo in quercia che stava al centro della stanza.
Erano carichi di polvere, probabilmente, una volta messi al loro posto, nessuno li aveva più consultati. "E' giunta l'ora che qualcuno lo faccia" pensò tra sé e sé passando una mano sulla copertina e leggendone il titolo "Magia oscura, ciò che si crea e che si distrugge".
Dalla porta arrivarono ancora tre colpi secchi che rimbombarono su per le scale.
"Dannazione" imprecò sotto voce l'alchimista "la mocciosetta potrebbe andare ad aprire".
Prese delle lunghe pinze e catturò una biglia azzurra che era immersa nel piccolo recipiente, la guardò attentamente per alcuni secondi e quando vide guizzare sulla superficie completamente liscia due striature rosse sorrise "ci siamo quasi".
I suoi pensieri furono nuovamente interrotti da altri tonfi, e così decise di passare all'azione, rimise la sfera all'interno del liquido e spense il fuoco sotto al piccolo paiolo, poi si precipitò lentamente giù per le scale.
Quando arrivò al piano terra disse due parole e immediatamente nella sua mente si fece largo una visione, una piccola donna stava seduta su un trespolo e china su un libro stava leggendo.
"Non hai sentito bussare?" chiese mentalmente alla maga.
Carhiod sentendo quelle parole risuonare nella sua testa si scosse dal torpore della lettura e scese immediatamente dallo sgabello avviandosi lentamente verso la porta.
Quando l'aprì LuccyLin stava lì immobile, quasi ad attenderla "su, presto, non senti?".
Dalla porta arrivarno nuovamente i tonfi ritmati e finalmente Carhiod mise a frutto la sua magia per vedere chi fosse dall'altra parte della porta così insistente.
Il suo sguardo si posò su un giovane alto e robusto, aveva un'armatura che gli copriva praticamente l'intero corpo, di colore bruno stava nuovamente bussando alla porta. La maga decise di fargli un piccolo scherzetto, quando il guerriero battè il pugno nuovamente sulla porta, questa si aprì di slancio e per poco egli non cadde all'interno della piccola sala che fungeva da ingresso alla torre.
Le due ragazze si misero a ridere contemporaneamente "ben arrivato messere".
Il ragazzo si ricompose immediatamente poi con sguardo arcigno squadrò entrabe da capo a piedi "non potevate arrivare prima?".
LuccyLin e Chariod chinarono il capo, poi si fecero vicine al guerriero "cosa ci hai portato?".
"Quello che mi avete chiesto, cacciagione e verdure per il pranzo e erbe, polveri e altre cianfrusaglie per voi. Venite, devo farvi vedere una cosa".
Gunludryu entrò nella piccola stanza sulla destra e dopo essersi tolto una parte dell'armatura posò sul tavolo una pergamena "me l'ha data il mercante di spezie, dice che presto qualcuno verrà a reclamarla".
Quando la srotolò sul tavolo restarono stupefatti...
 LuccyLin e Chariod parlarono praticamente contemporaneamente "ma, queste sarebbe una prigione".
"Potrebbe essere" disse Gunludryu guardando nuovamente il disegno srotolato sul tavolo "mi chiedo a chi potrebbe interessare una cosa simile".
LuccyLin prese la pergamena e la girò di novanta gradi, poi l'alzò guardandola contro luce "avete notato, sembra che in quella stanza ci sia un disegno, forse è lì che tengono qualcuno...".
"Qualcuno di importante" continuò la frase Chariod "ed ecco perché a qualcuno potrebbe importare di questo foglio".
"Be, ragioniamo, noi siamo in una torre mezza diroccata, che in tanto definiscono invasa da spiriti maligni e questa è stata la nosta fortuna, nessuno ci ha mai importunato, ma sarà anche la nostra rovina".
La piccola maga pronunciò alcune parole poi passò il dito sinistro sulla stanza che LuccyLinn aveva individuato, subito non accadde nulla, poi d'improvviso, comparve al centro del disegno una forma appena abbozzata che si muoveva.
"Cosa stai facendo?" chiese il guerriero stupefatto.
"Sto cercando di capire chi sia intrappolato in quella stanza" rispose Chariod continuando a passare il dito sul disegno.
Quando tolse il dito il nano era molto più distinguibile e si muoveva avanti e indietro all'interno della stanza.
Gunludryu ripiegò la mappa "sicuramente c'è qualcuno là fuori che vuole liberare questo nano e penso, quasi sicuramente, arriverà a bussare alla nostra porta".
"E se altri lo volessero morto?" chiese sibillina Chariod.
"Tu dovrai sondare le loro menti e capire le loro intenzioni" rispose il guerriero facendola sembrare la cosa più facile del mondo.
"Ma, non è così semplice" tentò di protestare LuccyLin.
"Vedremo quando..." Chariod non riuscì a finire la frase che sentirono bussare alla porta.
"Sarà lui?"
"Perché deve essere proprio un lui?"
"L'ho detto così per dire"
Il guerriero si affrettò verso la porta e senza pensarci oltre la spalancò davanti a se, davanti a lui quattro individui sorridevano.
"Salve, il mio nome è Monhik, lui è Giovelix e lei la maga Chestrev" in fine la giovane donna presentò Espenya.
Il guerriero parve sospettoso ma non sorpreso e Monhik ci restò un po' male "ci, ci stavate aspettando?".
"In un certo qual modo, possiamo dire che stavamo aspettando qualcuno, non so di certo se siate voi, ma qualcuno sì, certo".
Gunludryu guardò nuovamente i quattro forestieri poi con un cenno li fece entrare "voi non siete sicuramente di queste parti, venite avanti".
Appena i quattro varcarono la soglia, il guerriero richiuse la porta poi indicandogli una sala alla destra li intimò di entrare "accomodatevi".
I nuovi arrivati non se lo fecero ripetere ed entrarono nella stanza dove LuccyLin e Chariod erano ancora sedute al tavolo "salve" salutarono i nuovi arrivati "cosa vi porta da queste parti?" chiese LuccyLin tirando fuori tutta la sicurezza possibile.
"Stiamo cercando un nano e sappiamo che voi potete aiutarci".
"Un nano dite?" disse LuccyLin
"Qui non ci sono nani, ma forse..." riprese Chariod
"Forse possiamo aiutarvi" concluse l'alchimista
"E come mai lo cercate?" continuò a chiedere Gunludryu.
Approfittando della pausa delle domande fu Giovelix che si propose di rispondere "mio cugino Khellendrox è stato preso prigioniero e noi, dobbiamo recuperarlo".
"Voi sapete dove lo tengono?" chiese a voce bassa Monhik.
Gunludryu non attese che LuccyLin sondasse le menti dei quattro stranieri, srotolò davanti a loro la pergamena "noi sappiamo questo".
Espenya e Chestrev si chinarono sulla pergamena "e questa pensate sia la prigione dove tengono il nano?".
In effetti il nano che prima stava girando avanti e indietro sulla mappa era scomparso.
"Aspettate" disse Chariod e prese nuovamente a strofinare il dito sul foglio fino a quando il nano non fece nuovamente la sua comparsa "ecco il nano che state cercando".
Giovelix guardò la piccola forma che si muoveva sulla mappa, poi lasciò che anche le altre guardassero la pergamena.
"E voi sapete dove si trova questo edificio?".
Gunludryu sospirò "oggi mi è stata data questa pergamena, il mercante mi ha detto che qualcuno sarebbe venuto a reclamarla, ed ora siete arrivati voi" quindi si grattò la testa e riprese "sfortunatamente non saprei dove si trova l'edificio".
Monhik guardò nuovamente il foglio srotolato sul tavolo "dovremo chiedere al mercante".
"Lo troverete domani, e questa notte sarete nostri ospiti, ma vi chiedo di fare una promessa "ovunque sia questo posto, noi dovremo venire con noi".
Giovelix guardò Monhik che poi guardò le altre due donne "per me sta bene".
Così i nuovi venuti furono accompagnati alle stanze superiori dove poterono passare la notte tranquillamente.
 Il giorno seguente LuccyLin, Chariod e Gunludryu si fecero convincere da Monhik, a seguirli alla ricerca di Khellendrox.
Il guerrieri si mise alla testa del gruppo al fiando di Giovelix i due intavolarono un discorso complesso e accalaronato sulla battaglia di Neorg, entrambi avevano combattuto altrove durante quella guerra ma le voci giunte alle loro orecchie erano assai diverse. Il guerriero diceva che la fazione del principe era riuscita in un primo tempo a scacciare le bestie e le perdite subite erano state irrisorie, il nano invece, aveva altri dati, a lui avevano detto che il principe dopo aver mandato la fanteria aveva dovuto ricorrere all'uso dei cavalieri e solo allora le bestie avevano ripiegato, ma i villaggi nei dintorni dlela piana di Neorg avevano subito saccheggi e incendi che ancora oggi ne portavano i segni.
Dietro i due LuccyLin e Espenya galoppavano tranquille, l'alchimista chiese a Espenya che sembrava esperta di erbe e della zona che avrebbero dovuto incontrare cosa avrebbe potuto trovare di proficuo per le sue pozioni, la donna, si grattò la testa poi prese un libro dalla tasca destra della sella e l'aprì iniziando a sfogliarlo "se non vado errato, stiamo entrando nella zona paludosa, non so cosa potrebbe esserci di proficuo per pozioni, ho comunque l'impressione che i fanghi potrebbero essere oggetto di studio da parte tua".
"Fanghi?"
"Sì, pare che i fanghi, soprattutto raccolti ad una certa profondità nelle pozze nere, abbiano proprietà non solo curative ma anche di altro tipo".
LuccyLin si fece un appunto "ci farò caso e se ci sarà il modo, raccoglierò sicuramente dei campioni".
La maga Chestrev sedeva sul retro del carretto condotto da Monhik, al suo fianco l'altra maga del gruppo Chariod era intenta a leggere un libro che aveva recuperato in una delle tante librerie della torre.
"Come siete venuti in possesso della torre?" chiese Chestrev.
"Un prozio di Gunludryu ha spedito un messaggio al guerriero dicendogli che doveva andare a prenderne possesso".
"Quindi, ora, lasciarla incostudita, non pensate possa essere abitata da qualche straniero?".
"Difficilmente qualcuno potrà superare i miei incantesimi di protezione e anche se fosse, si troverebbe a dover disinnescare le trappone del guerriero e infine le diavolerie di LuccyLin".
"In effetti, avete provveduto bene a proteggerla".
Ad un certo punto il nano e Gunludryu si fermarono scendendo da cavallo. Davanti a loro la terra battuta era divenuta fangosa, la vegetazione si era fatta spoglia e tutt'intorno era un ribollire di pozze maleodoranti "eppure questa è la strada giusta" disse Giovelix "dovremo procedere in fila indiana, spero solo che il carro non abbia a trovare ostacoli o peggio, impantanarsi".
Gunludyu passò voce alle donne di procedere in fila indiana e di scendere da cavallo e carretto per limitare il peso.
L'andatura fu rallentata, e LuccyLin cercando di approfittare di questo fatto si avvicinò ad una pozza, prese uno dei suoi alambicchi e aiutata da Espenya si chinò sul terreno fangoso, quindi immerse una mano dentro l'acqua stagnante immergendo il contenitore per riempirlo di fanghiglia fino all'orlo.
Un passo più indietro Cestrev osservava quella manovra mentre Monhik e Giovelix erano intenti a guardare la mappa per trovare il passaggio più breve.
Tutto sembrava procedere nel migliori dei modi ma, quando la ragazza tirò fuori la mano e l'ampolla piena di fango la terra sotto i suoi piedi iniziò a tremare e perse l'equilibrio rischiando di finire nella melma, fortuna che Espenya era vicinissima e riuscì a prenderla per un braccio e evitarle la caduta.
Alla loro destra, da una pozza, emersero delle bolle e subito dopo una creatura fece la sua comparsa, era grande e molliccia, piccoli tentacolini uscivano dalle fauci e subito si allungarono verso le due ragazze. Il colpo fu preciso e la superficie vischiosa si attaccò al braccio di Espenya che dovette mollare la presa, LuccyLin riuscì miracolosamente a non cadere nella pozza ma si ritrovò sdraiata nel fango. Gunludryu accorse in suo aiuto frapponendosi tra lei e la creatura, sguainò la spada e recise il tentacolo che si allungava verso Espenya.
Le due maghe vennero subito in soccorso cercando di immobilizzare il nemico, la doppia magia ebbe il risultato voluto ma, dalla parte opposta altre bolle spuntarono sulla superficie e subito dopo un'ennesima creatura uguale a quella immobilizzata spuntò dalle acque melmose, anche in questo caso i tentacolini si diramarono contro le maghe colpendole entrambe.
Gunludryu intervenne nuovamente, la creatura immobile venne colpita ripetutamente ma la sua pelle sembrava resistere molto bene ai fendendi del guerriero, le ferite inferte furono superficiali.
Anche Monhik e il nano si unirono alla battaglia andando direttamente sulla nuova creatura emersa dal fango.
Monhik molto agile con un balzo saltò sopra il mostro e la infilzò con entrambe le spade, Giovelix invece recise alcuni tentacoli con l'ascia.
Le due maghe si divisero i compiti, mentre Chariod restò concentrata per impedire che si risvegliasse dal torpore la prima creatura, l'altra maga pensò di ripetere l'incantesimo anche sulla seconda creatura ma questa non ne subì l'influenza, anzi al contrario attaccò nuovamente colpendola e atterrandola.
Espenya prese il suo strumento e iniziò a suonare, la musica diede vigore ai presenti che attaccarono con più foga.
In breve Gunludryu aiutato da LuccyLin ebbe la meglio sulla prima creatura che oltre a ricevere tagli profondi venne colpita da alcune fiale acide dell'alchimista.
La seconda creatura perì sotto i colpi del nano e di Monhik.
"Probabilmente in ogni pozza potrebbe albergare una di queste creature, quindi vi consiglio di stare lontani dalla superficie e se notate delle bolle avvertite subito, così da evitare nuovi scontri".
Il gruppo procedette lentamente, facendo attenzione a dove mettevano i piedi, la loro marcia fu rallentata parecchio ma prima che il sole calasse all'orizzonte furono fuori dalla zona paludosa e avevano ripreso la strada battuta.
"Ancora un'ora circa e saremo al villaggio" disse Monhik guardando la mappa "un ultimo sforzo".
Tutti rimontarono sui cavalli e le due maghe andarono a far compagnia a Monhik sul carretto.
Quando ormai la luna aveva preso il posto del sole nel cielo stellato raggiunsero il paesino e trovarono una locanda dove avrebbero passato la notte. (Con Giovanni Bosi, Monica Veroni,Carmela Cestero ,Mala Spina , Chiara Iuccy Linaioli )


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