lunedì 4 gennaio 2016

La sacerdotessa


La capanna era buia e dai braceri accesi saliva un fumo denso e acre. Al centro un uomo era sdraiato in terra e si contorceva lamentandosi a voce bassa, accanto a lui, una ragazza dal volto dipinto si muoveva ritmicamente muovendo le braccia e agitando le mani.
L'unica altra presenza all'interno della capanna era un ragazzino che seduto con le gambe incrociate batteva su un tamburo ritmicamente.
La sacerdotessa venne interrotta da un grido proveniente dall'esterno, un po' stizzita si chinò sul ferito e gli posò entrambe le mani sul petto, sussurrò alcune parole poi, guardando il ragazzino gli fece un gesto eloquente e lui obbidendo smise immediatamente di battere il tamburo.

"Cosa sta succedendo?" gridò restando accanto al ferito.
Dall'esterno non arrivò nessuna risposta ma poco dopo i rumori di ferraglia tornarono a farsi sentire.
"Vai a vedere" ordinò la ragazza e il ragazzino prontamente si diresse verso l'entrata della capanna, quindi, restando con il corpo all'interno sporse la testa fuori.
Bastarono pochi istanti al ragazzo per farsi un'idea precisa di ciò che stava succedendo, quando ritirò la testa era pallido e gli occhi sgranati.
"Allora?" chiese la ragazza.
"Gu, gu, erra..." fu l'unica parola che riuscì a balbettare.
La sacerdotessa scosse il capo e si avviò all'ingresso della tenda, uscendo lo spettacolo era davvero poco edificante, alcuni uomini a cavallo scagliandosi su coloro che uscivano dalle tende li trucidavano brandendo asce e spade di un colore brunito.
Lo scontro decisamente impari sembrava al culmine e la sacerdotessa già adirata per aver dovuto interrompere il vaticinio, si chinò e iniziò a tracciare alcuni simboli sul terreno sabbioso. Nessuno sembrò dare importanzza alla ragazza che riuscì a terminare la propria opera.
L'uomo più vecchio, tra i nuovi arrivati, urlò un ordine e sibuto alcuni guerrieri si staccarono dal gruppo e iniziarono a gettare le fiaccole sulle tende che prendendo fuoco alzarono verso il cielo nuvole di fumo nero.
La ragazza, completati i simboli sul terreno, strinse con la mano destra l'oggetto d'osso che gli pendeva tra i seni e quindi iniziò a recitare lentamente le parole dell'incantesimo.
Dietro di lei comparve il ragazzino, teneva in mano il tamburo e seguiva sconcertato le scene che si susseguivano nel piccolo accampamento.
Il cielo già scuro per il fumo provocato dai numerosi incendi scoppiati nell'accampamento, si fece ancora più nero e dalle nuvole iniziò a cadere una pioggia copiosa.
Tra le gocce d'acqua che andarono a spegnere i fuochi appena appiccati, erano nascoste delle insidie velenose che andarono a colpire gli stranieri.
Piccoli insetti si addensarono intorno ai cavalieri arrivati chissà da dove.
Questi, cercarono di difendersi con le armi che avevano in pugno, naturalmente lo sforzo fu inutile, la minaccia venuta dal cielo era troppo piccola per poter essere sconfitta con le lame affilate e brunite.
Molti di quegli uomini caddero da cavallo e immediatamente mostrarono bubboni sulla pelle causati dalle punture degli insetti richiamati dalla sacerdotessa.
L'anziano che prima aveva impartito gli ordini di bruciare le tende, si guardò attorno e scorse la sacerdotessa che ancora stava recitando le parole dell'incantesimo, poi volse lo sguardo verso i propri uomini che uno dopo l'altro stavano morendo sotto l'attacco degli insetti magici.
L'uomo gettò uno sguardo carico di odio, verso la ragazza, restando indeciso se gettarsi su di lei e ucciderla o richiamare i propri guerrieri e ritirarsi. Probabilmente a decidere per lui fu un fulmine che cadde sul terreno al suo fianco, il suo cavallo imbizzarrito, si impennò e per poco non riuscì a disarcionarlo.
Portò indice e pollice della mano destra alla bocca e fischiò. I pochi uomini rimasti saldi sui loro destrieri tirarono le briglie e veloci, così come erano arrivati scomparvero dietro la collina.
La pioggia smise di cadere e sul suolo, oltre ai cadaveri degli abitanti restarono pozze ricolme di piccoli insetti che ben presto si tramutarono in polvere portata via dal vento.
"Vieni, dobbiamo soccorrere i feriti" disse la ragazza guardando alle proprie spalle il ragazzo col tamburo.
I due passarono tutto il pomeriggio girando tra i corpi distesi e soccorrendo i pochi che erano rimasti solo feriti e radunandoli tutti sotto una delle tende più grandi.
Quando il sole si spense dietro le colline l'aria si fece più fresca, la ragazza, tornando dentro la propria tenda si sedette vicino all'uomo che stava curando in precedenza, il viso era segnato dalla stanchezza e le sue mani tremavano vistosamente, sospirò appoggiando nuovamente le mani sul petto del ferito.
"Grande capo, padre, spero tu possa riprenderti in fretta, abbiamo bisogno di te". (Foto di Massimiliano Tagini)

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