venerdì 17 giugno 2016

Le avventure di Jeff Khell

La serata era fresca e Johnatan mi disse che mi avrebbe fatto accompagnare da due fidati del clan insieme a X.

"Mi raccomando una cosa veloce" si raccomandò quando ci salutò prima di scomparire dietro una curva della fogna.
Io e gli altri due Nosferatu percorremmo il cunicolo fino in corrispondenza di uno dei tombini che portava direttamente sul molo. Aprii la grata e mi guardai attorno. I container erano esattamente come li avevo lasciato la notte precedente e sulla torretta una luce rischiarava la sagoma di un uomo, probabilmente lo stesso che avevo spiato la sera prima.
"Tu resti qui, se ci sono novità chiama sul cellulare. Voi due andate al container 26 e iniziate a svuotarlo. Io mi occuperò della guardia".
X fece solo un cenno con il capo mentre gli altri due, già celati sotto il loro potere di oscurazione si stavano avvicinando ai container invisibili ad occhio umano.
Io mi avvicinai lentamente alla torretta, guardai verso l'alto i numerosi gradini, poi, tentando di essere il più silenzioso possibile iniziai la scalata. Quando arrivati alla sommità della vedetta sorrisi soddisfatto, l'uomo era intento a manovrare delle leve e non si era accorto del mio arrivo. Mi avvicinai e gli assestai una bella botta in testa, alla quale ne seguì una seconda per sicurezza.
Scostai il corpo privo di sensi e mi sedetti alla console. I monitor mi diedero una panoramica di buona parte della banchina, vidi le porte dei container spalancarsi e scatole trascinarsi fuori. Quindi, cercai su un altro video X che era nascosto piuttosto bene.
Il primo container conteneva solo generi alimentari, numerosi scatoloni inutili che i due compari della gilda ammonticchiarono diligentemente, poi, passarono al secondo scatolone metallico.
Da questo tirarono fuori alcuni scatoloni ai quali seguì dell'attrezzatura che parve subito molto delicata. Continuarono a tirar fuori roba per una buona mezz'ora, poi, vedendo che non si fermavano decisi di scendere e andarli ad aiutare.
Non mi passò neppure per la mente il pensiero che dovevo essere cauto. Presi il coltello e infierii sul corpo svenuto dell'addetto alla sorveglianza che in un sussulto quasi impercettibile spirò.
Scesi la scalinata e in breve raggiunsi il container che veniva di mano in mano svuotato, guardai all'interno e vidi che l'attrezzatura chimica era ancora parecchia, quindi dissi ai due di fermarsi.
"Inutile svuotarlo, manderò X a prendere un camion, lo traineremo da qualche parte".
I due si fermarono e malgrado non vidi la loro espressione capii che erano soddisfatti della decisione presa. Presi il telefono e composi il numero di X.
Il suo cellulare prese a squillare rompendo il silenzio della notte, poi, finalmente, rispose.
"Sì?"
"Ma non ti avevo detto di metterlo in vibrazione?" dissi un po' seccato.
"Era il tuo..." disse pagnucolando il giovane Nosferatu.
"Fa niente, muovi le chiappe, preleva un camion e vieni vicino al container, dobbiamo trasportare il tutto".
X non fece altri commenti e si diresse verso un capannone dove probabilmente aveva addocchiato dei bestioni che potevano fare il caso nostro.
Dopo poco arrivò sconsolato "ho visto la motrice che potrebbe fare per noi ma, ecco, non so come dirlo..."
"Con parole tue?".
"E' abitata"
"E quale problema c'è?" chiesi indispettito.
"Devo ucciderlo?" chiese con quel suo fare un po' lamentoso"
"Certo che no" dissi seccato "verrò con te e sistemeremo la situazione" feci un cenno agli altri due e insieme a X percorremmo il molo raggiungendo la motrice parcheggiata che poteva essere utile al trasporto del container.
Presi l'estintore e senza pensarci diedi una botta in testa al guidatore che stava già sonnecchiando. Insieme lo prelevammo dal posto di guida e lo adagiammo contro il muro di un capannoncino "fai la nanna, da bravo".
"E ora guida" ordinai a X.
Lui salì sul camion e mise in moto. Io nel frattempo composi il numero di Johnatan "pronto, sì, abbiamo fatto, il carico è piuttosto ingombrante e non saprei proprio dove nasconderlo".
Johnatan mi disse di cercare un amico fidato in una locanda poco distante dal porto "lui si occuperà di occultare il carico".
Una volta agganciato il container X guidò oltre l'area portuale e si accostò vicino alla taverna dove avrei dovuto incontrare l'amico di Johnatan.
"Aspettate qui" dissi scendendo dalla motrice ed entrando nel locale.
La taverna era quasi deserta, alcuni tavolini erano occupati da gentaglia di mare, mentre tre uomini e una donna sedevano accanto al bancone e chiacchieravano sommessamente. Mi avvicinai e chiesi all'oste senza preamboli se conoscesse l'uomo che stavo cercando.
"Se lo cerchi per quel prestito..."
Non lo lasciai finire "no, lo sto cercando per..."
Questa volta fu lui a non lasciarmi finire e riprese a parlare spedito "se lo cerchi per quella donna, allora..."
"Non ti preoccupare, ho solo un lavoretto da proporgli" tagliai corto "allora c'è?".
L'uomo dietro al bancone mi indicò un piccolo tavolo in fondo al locale dove un uomo piuttosto smilzo stava solitario leggendo un giornale.
Ringraziai chianando leggermente il capo e mi avvicinai al mio contatto.
"Ciao, Johnatan mi ha mandato da te".
Alla pronuncia di quel nome gli si illuminarono gli occhi da prima cupi e visibilmente preoccupati "Di cosa avete bisogno?".
"C'è da trasportare un carico in un posto sicuro, e mi risulta che tu sai dove e come fare".
 "Certo, nessun problema" poi abbassando la voce "di che si tratta?".
"Un container".
Lui sgranò gli occhi e si alzò, mi superava in altezza di almeno un metro e lo guardai dal basso verso l'alto, si grattò il mento e poi mi fece un cenno "usciamo".
Quando fummo fuori dal locale vide subito il camion "mi ci vorrà almeno una ventina di minuti. Voi aspettatemi al molo uno".
Certo non mi aspettavo che dovessimo trasportare il carico via fluviale, ma mi fidavo di Johnatan e non ribattei.
Quando salii sul camion dissi a X che doveva andare verso il primo molo e attendere istruzioni. Lui, docile come un cagnolino eseguì senza fiatare.
Aspettammo circa un'ora e stavo già per richiamare Johnatan quando vidi comparire la piccola chiatta che stava attraccando.
"Il carico dovrebbe starci" disse quando mi avvicinai per guardare l'imbarcazione "sì, lo sò è piccola, ma ti dico che dovrebbe starci".
X, fortunatamente fu molto bravo e il container scivolò sulla chiatta senza nessun problema.
"Ora ci penso io" disse l'uomo.
"Grazie e ci faremo sentire noi".
Prima di risalire sulla barca mi chiese se il carico era pericoloso e lo tranquillizzai, lui mi strinse la mano e salì sulla chiatta avviandosi verso il lago.
Riportammo il camion dove l'avevamo trovato e facemmo salire il guidatore lasciandolo addormentato esattamente come lo avevamo trovato, poi tornammo verso il covo dove avremmo raggiunto Johnatan.
Nel frattempo, dall'altra parte della città, Serena, una volta tornata a casa trovò i cugini trionfanti accanto al corpo senza vita del vecchio proprietario del piano di sotto.
"Ecco, bello e stecchito" disse uno dei tre dando un calcetto all'anziano "e ora?" chiese la cugina più giovane.
"Ora lo sciogliamo nell'acido e per questo chiamerò Charlie" sorrise ai tre compici e prendendo il telefono compose il numero lasciando che squillasse numerose volte.
"Pronto" disse Charlie un po' disgustato dal fatto di essere interrotto da Serena "che ti occorre?".
"Nulla, nulla. Solo un po' di quella polvere magica che scioglie i cadaveri".
Charlie fece una smorfia "dovrai venirtelo a prendere, io sto uscendo".
"Manderò i cugini, e grazie" disse sbrigativa poi riagganciò.
"Andate e tornate, abbiamo un lavoro da fare.
Charlie una volta chiosa la telefonata con Serena guardò John che stava sul divano e come suo solito stava guardando la tv "dobbiamo andare a mercanteggiare" disse ridacchiando "ci serve un mezzo".
L'energumeno sembrò indispettito "devo proprio venire?" chiese iniziando ad armeggiare con il telecomando.
"Certo, viene anche Cadir".
I tre salirono in auto e come già avevano fatto qualche notte prima si infilarono nel traffico della tangenziale e raggiunsero l'emporio dove avevano acquistato proiettili.
Charles pensava di trovare tutto spento e quindi avere una trattativa privata e invece, con sua sorpresa, trovò luci accese e auto parcheggiate, ma soprattutto, quando arrivò all'interno del capannone, trovò alcuni uomini con coltelli alla mano e armi spianate che stavano discutendo con gli uomini della sicurezza.
Charles si avvicinò al padrone e si fece spiegare quale fosse la situazione.
"Si tratta solo di un malinteso, loro rivogliono dei gioielli e io non posso darglieli".
Il vampiro guardò gli stranieri e avvicinandosi al loro capo si fece dire la loro versione.
Inutile dirlo, gli acquirenti erano stati fregati. Avevano lasciato in pegno dei gioielli e ora, il tragattino voleva rifilare loro della paccottiglia.
Charles diede istruzioni a John e a Cadir, poi si propose per sistemare la faccenda "se vuoi ci penso io" disse e il padrone del locale alzò solo le spalle.
"Fai uscire i tuoi uomini e anche tu, io parlerò con questi signori e vedrò di sistemare la situazione".
Quando il personale se ne fu andato Charles si avvicinò e iniziò ad intavolare un discorso molto diplomatico, sapeva che non sarebbe arrivato a nulla, ma comunque ci provò ugualmente, poi, vedendo che il risultato era nullo fece un segnale a John che si incaricò di placare gli animi.
Immediatamente prese il bavero della giacca del capo dei compratori e lo sollevò senza sforzo, i suoi uomini vedendolo in quella situazione precaria si avventarono sul vampiro, svuotarono i loro caricatori e tentarono di accoltellarlo ma il risultato fu praticamente nullo.
John passò al contrattacco spalleggiato da Cadir che brandita la catana attaccò alle spalle dei sette uomini.
Anche Charles si unì allo scontro e in breve stavano per avere la meglio sugli uomini armati quando furono interrotti dall'ingresso di un bestione alto quasi come John e largo altrettanto impugnava due gatling e si vedeva che era pronto ad usarle.
Charles e Cadir si fecero da parte appena in tempo e la pioggia di proiettili esplose un po' ovunque.
Gli uomini cadevano crivellate dai colpi e anche la merce esposta e la struttura del capannone non fu risparmiata da quella pioggia di piombo.
Poi, come era iniziato tutto finì e tornò il silenzio.
"Fatto" disse l'uomo soddisfatto, che nella sparatoria, aveva rimediato solo un graffietto.
Entrò il padrone del locale e si complimentò con Charles, poi disse al nuovo arrivato di andare in infermeria e ai suoi uomini di ripulire.
"Scusate ma nella confusione non vi ho neppure chiesto cosa eravate venuti a fare".
"Be, direi che non c'è stato tempo" rispose Charles pulendosi la giacca "ci occorre un mezzo, più precisamente un Hummer, ma non di quelli piccoli, direi che ce ne serve uno ben equipaggiato".
John sgranò gli occhi, tentò di protestare ma il suo capo lo azzittì sperando che il tragattino avesse per le mani ciò per cui aveva fatto tutta quella strada.
"Certo, certo, ma vi costerà un po'".
La contrattazione partì da una cifra che Charles considerò un affronto, soprattutto dopo tutto quello che era successo quella sera, dopo un certo numero di batti e ribatti, i due raggiunsero un accordo.
"Allora siamo d'accordo" disse Charles stringendo la mano del commerciante "quindici giorni e avremo il mezzo in questione".
"Una ventina di giorni e lo avrete".
Quando i tre risalirono in macchina John fece le sue rimostranze, "ma capo, l'hummer non sarà un po' troppo visibile? E soprattutto, con tutte quelle armi non daremo troppo nell'occhio?".
Charles tagliò corto anche perché a salvarlo da quella discussione poco producente ci pensò il telefono.
"Pronto, ti sto aspettando" disse la voce di Margareta.
"Arrivo, disse Charles che si era completamente dimenticato dell'appuntamento che aveva dato la sera prima alla studiosa, quindi diede ordine a Cadir di andare verso l'università "ora dobbiamo aiutare Margareta, poi vedremo" azzittì nuovamente John che stava per protestare nuovamente.
I tre cugini aveva recuperato l'acido e dopo aver riempito la vasca avevano vuotato il bidone di polvere micidiale nell'acqua e quindi, avevano lasciato scivolare il corpo del defunto sperando che si sciogliesse velocemente.
"Fatto, ora non resta che aspettare" si dissero soddisfatti.
Margareta, nel suo alloggio, stava parlando con il professor Guidi, di tanto in tanto guardando l'orologio e aspettando l'arrivo di Charles, doveva essere qui prima che arrivasse il suo ospite, lei di certo non sarebbe intervenuta e avrebbe lasciato volentieri il compito di farlo fare a Charles o al suo scagnozzo.
"Ti lascio trattare con l'archeologo, mi raccomando, fagli sputare tutte le informazioni e non dargli soddisfazioni. Io vado nella stanza accanto".
Margareta tentò di protestare ma il vampiro fu irremovibile e si occultò nella stanza a fianco.
Giusto in quell'istante suonò il campanello e il viso dell'archeologo comparve sul visore del video citofono "salgo?".
"Salga" disse Margareta facendo scattare il portone d'ingresso.
L'uomo varcò la soglia visibilmente eccitato all'idea di poter mettere le mani sulle tavolette in possesso della vampira, saltò i preliminari  e ansioso si fece tirar fuori i due reperti e poco dopo era già intento ad esaminare i glifi cuneiformi scolpiti sull'argilla.
"Interessante" diceva di tanto in tanto prendendo appunti su un foglio che aveva tirato fuori dalla sua valigetta.
Margareta perse la pazienza "quindi avete la possibilità di tradurre il tutto?".
I due iniziarono un duello verbale, l'uomo sembrò fin da subito reticente a rilasciare la traduzione di ciò che era scritto sulle tavolette e l'insistenza della donna non sembrava fargli cambiare idea, fu così che Margareta dovette ricorrere ad uno dei suoi poteri, guardò fisso lo studioso e modificando la propria voce lo indusse ad entrare in trance e lo costrinse a fare esattamente tutto ciò che voleva.
Sottoposto a quella situazione piuttosto scomoda, l'archeologo tentò di resistere alla possessione ma il suo tentativo fu vano e alla fine arrivò la traduzione letteraria delle tre tavolette.

... nella casa dalla quale chi entra non può più uscire,
per una via che non si può percorrere indietro,
nella casa in cui gli abitanti sono privati della luce;
dove il cibo è polvere, il pane è argilla;
essi sono vestiti come gli uccelli, ricoperti di piume;
essi non vedono la luce, essi siedono nelle  tenebre.
abitano i Sommi Saceredoti e i loro accoliti,
abitano i Sacerdoti purificatori e gli indovini,
abitano gli unti dei grandi dei.
[parte intraducibile]
Se un uomo sogna di salire al cielo, i suoi giorni saranno tagliati.
Se un uomo sogna di siscendere nel paesedi non ritorno, i suoi giorni
saranno lungi.
[parte intraducibile]
Nergal eroe eccelso, vorresti tu aprire una fessura negli inferi,
affinché lo spirito di [***] possa uscire dagli inferi?
Nergal, l'eroe eccelso, ubbidì,
e non appena egli ebbe aperto una fessura negli inferi,
lo spirito di [***], come una folata di vento, uscì fuori dagli inferi.

Margareta a quelle parole parve sollevata. Ad interrompere fu il campanello.
Charles e John si fecero annunciare e la vampira trasse un sospiro all'idea di avere nuovi ospiti in suo soccorso.
John, per nulla interessato alla discussione, si sedette sul divano e restò quieto, Charles, invece, si dimostrò molto interessato, i suoi studi di egittologia lo avevano portato a studiare quella parte di storia e ora era curioso di saperne di più.
L'archeologo si perse a spiegare alcune cose di quelle antiche civiltà, poi il discorso deviò improvvisamente sul fatto che l'uomo non era esattamente un semplice studioso di storia, bensì un cultista e che sapeva esattamente chi o cosa fossero i vampiri, anche quelli presenti nella stanza.
Charles, che usando il suo potere sapeva già il ruolo dello studioso, volle esaminare anche le tavolette. Con uno stratagemma fece uscire Margareta e lo studioso dalla stanza e poi toccò i due reperti.
La potenza delle due tavolette si riversò su di lui, venne fulminato, e per poco i suoi occhi non schizzarono fuori dalle orbite. Anche John e il professor Guidi, che nel frattempo era rientrato nella stanza si accorsero di quella situazione e quando tutto fu finito si sincerarono delle condizioni del vampiro.
Poi, Margareta, vista anche l'ora tarda, mandò via l'ospite sgradito, e diede il compito a Guidi di custodire le tavolette.
Quando anche Charles e John tornarono in auto dove li aspettava Cadir all'orizzonte videro dei fulmini e udirono dei boati, tutti supposero che non si trattasse di una situazione "normale" ma nessuno di loro capì cosa stava avvenendo appena oltre confine.

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