giovedì 20 agosto 2015

La contessa Monik - terza parte -



A mezzanotte Monik, che era stata tutta la notte in giro per il paese cercando una soluzione ai due problemi tornò nella sua fortezza, salì lentamente le scale e aprendo la porta vide le candele sul pavimento.
Chiuse la porta alle sue spalle e si inginocchiò, accese le candele e prese poi petali di rosa spargendoli davanti a sé componendo un disegno sul freddo pavimento.
Guardando verso l'unica finestra della torre socchiuse gli occhi e nella sua mente si formò subito un immagine. Un uomo corpulento era sdraiato su un semplice pagliericcio, doveva aver bevuto parecchio quella sera, russava, sognando inquieto. Al suo fianco la lunga spada e posata sul pavimento l'armatura, esaminandola Monik vide i segni di diverse battaglie, quel metallo ne aveva viste parecchi e a guardar la lama della spada in più punti sbeccata, il suggerimento lampante era che anche la spada aveva conosciuto tempi migliori, ma sicuramente aveva trafitto diversi nemici. Monik aprì gli occhi e pronunciando alcune parole in una lingua ai più sconosciuta si insinuò nei sogni del soldato.
La fiamma delle candele tremò malgrado non si muovesse un filo d'aria in quella stanza rotonda. La vampira spalancò le fauci mostrando i canini alla luna, il suo urlo strozzato giunse fino al villaggio e furono in molti a svegliarsi in preda al panico.
Il guerriero, al contrario, continuò a dormire, ma un tarlo si era insinuato nella sua mente, ed era pronto ad agire, qualora avesse ricevuto il giusto input.
Quando Monik finì il rituale, il sole stava per sorgere. Dopo anni, si era abituata a camminare in mezzo ai comuni mortali anche di giorno, ma preferiva farlo sotto sera, quando poteva trovare ombre sulle quali confidare per ripararsi dai micidiali raggi del nemico numero uno.
Spense le candele una a una e soffiò sui petali di rosa facendo sparire il disegno sul pavimento, poi tentò di alzarsi, l'assalì un capogiro e dovette appoggiare entrambe le mani in terra, attese qualche secondo, poi guardò il calice che aveva messo sul tavolino,  allungò la mano in quella direzione e il contenitore in argento si mosse sulla superficie lignea, poi prese a volare nella sua direzione e in breve fu tra le sue mani.
Avida lo portò alla bocca e bagnò le labbra che si macchiarono di amaranto, arricciò il naso, il prezzioso liquido si era un po' raffreddato, strinse con entrambe le mani la coppa del calice portando calore al metallo, la superficie del liquido contenuto si increspò come se avesse vita propria.
La duchessa, portò nuovamente la coppa alla bocca e bevve avidamente.
Lasciò cadere il calice sul pavimento, poi si alzò e si diresse alla finestra. I raggi del sole le illuminarono il pallido viso, ed ella sorrise. Oggi sarebbe stato uno splendido giorno.
A qualche miglia di distanza il prete, una volta finite le preghiere del mattino, si vestì e scese le scale. L'oste, già indaffarato dietro al bancone, lo salutò cordialmente "Buongiorno, a quanto pare il suo compare dorme ancora della grossa".
L'uomo di chiesa parve rabbuiarsi "bisognerà svegliarlo, non abbiamo molto tempo".
"Manderò Caterina, lei sa come ravvivare un uomo" ridacchiando prese la campanella e iniziò a scuoterla.
La ragazzina che la sera prima aveva servito la cena si presentò nella sala finendo di sistemarsi la complicata acconciatura.
"Devi svegliare Gregory" disse l'uomo sbrigativo "veloce".
La ragazzina abbozzò un inchino davanti al prelato e poi salì velocemente le scale. Bussò alla porta e non sentendo alcuna risposta girò la maniglia entrando.
Il soldato stava ancora sonnecchiando ma appena sentì la porta aprirsi la sua mano destra corse alla spada impugnandola "chi è là?" chiese con voce ancora impastata.
"Sono la camerriera, dovete scendere il prete vi aspetta" disse sbrigativa indietreggiando di qualche passo mentre l'uomo si metteva a sedere, poi ci ripensò fermandosi a pochi passi dall'uscio "avete bisogno per mettere l'armatura?".
Il guerriero sospirò poi guardò l'armatura e nuovamente la ragazzina "sarà meglio, faremo più in fretta".
Da basso nel frattempo il prete si era seduto ad un tavolo e si era fatto portare carne secca e pane nero "... quindi mi assicurate che la strada è tranquilla?".
"Sì, la via è tranquilla, frequentata da parecchi uomini di ventura e mercanti. I passi sono sorvegliati da guardie fidate, non dovete temere i predoni".
Il prete, finendo il pane bevve un sorso "a dire il vero non sono i predoni a preoccuparmi" pensò.
Finalmente il guerriero fece la sua comparsa sulle scale, dietro di lui Caterina era rossa in viso e la capigliatura aveva preso una strana piega. Né l'oste né il prete fecero domande. Il corpulento uomo si fece portare una mezza dozzina di uova e una pinta di birra scura. Trangugiò il tutto e scolò il boccale tutto d'un fiato "possiamo andare" disse trattenendo a stento un rutto.
Il prete saldò il conto e il soldato, uscendo, lanciò uno sguardo strano a Caterina, le sue gote si incendiarono di un rosso rubino e a stento riuscì a proferire poche parole "tornate presto".
Montarono a cavallo e presero la via principale "ci aspetta un altro giorno di marcia e poi un'ultima notte" disse il prete galoppando al fianco del fidato guerriero "avete dormito bene?".
L'uomo mugugnò "devo aver mal digerito la cena, ho sognato strano".
"Raccontate, raccontate" disse l'uomo di chiesa, fingendosi curioso.
"Ricordo solo il volto pallido di una donna. Donna di rara bellezza, vestita di nero, sorseggiava in un calice d'argento e mi fissava senza nulla proferire".
Il prete sussultò, Monik, doveva per forza essere lei che nella notte si era insinuata nella mente dello sciocco guerriero, poi fissando l'uomo al suo fianco sorrise "forse una spasimante che vi pensa e che avevate dimenticato".
Il soldato sollevò le spalle "non mi pare di aver mai visto una donna simile, ma è probabile, ne ho viste tante..."
"Lasciate perdere, non ho nessuna voglia di ascoltare le vostre scappatelle amorose"
I due galopparono tutto il giorno, fermandosi solo brevemente per consumare alcune provviste prese alla locanda. Incontrarono poca gente, e con nessuno di loro si misero a parlare, poi, quando venne sera, si informarono sul posto di ristoro più vicino e allungando il passo si affrettarono a raggiungerlo. (Foto di Marco Elli)

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