venerdì 7 agosto 2015

Il topo vendicatore

In città si andava spargendo una voce, al calar del sole, era stato visto un ratto di dimensioni modeste, aggirarsi per i borghi della cittadina, armato di ascia e con un lungo mantello azzurro, le voci ben informate dicevano che si schierasse dalla parte dei deboli e facesse giustizia di ogni sopruso. Io stesso ebbi modo di vedere una delle sue azioni mirabolanti. Uscito da una di quelle bocchette che solitamente si vedono guardando appena sotto il marciapiede, il topolino, zampettò velocemente attraversando la strada a quell'ora poco trafficata, lo vidi dirigersi verso un magazzino.
Lo seuii con la coda dell'occhio, poi, incuriosito soprattutto dal suo vestiario, parecchio inusuale per un roditore, decisi di seguirlo.
Lui entrò agevolmente da un buco tra il portone scorrevole e il muro, io, mi accostai al muro e contato fino a venti appoggiai la mano sulla maniglia del portone e la spinsi appena. Le piccole rotelline sotto il largo portone, cigolando, iniziarono a girare lentamente e così riuscii ad aprirlo quanto basta per poter entrare pure io all'inseguimento del topo.
Notai alcune casse disposte qua e là, sembrava che da tempo nessuno ci mettesse piede, e la penombra gettava macabre ombre lungo quasi tutto il pavimento che sconnesso presentava alcune pozze di acqua stagnante.
Guardai il buco nella parete da dove era entrato il topo, poi cercai sul pavimento tracce del piccolo intruso, probabilmente gli avevo dato troppo vantaggio ed egli, lesto e minuto, aveva trovato già un nascondiglio.
Avanzai lento e silenzioso e finalmente trovai la mia preda. Doveva aver sentito il cigolio della porta e si era intrufolato tra due casse, di tanto in tanto, metteva fuori il muso per guardare chi fosse il nuovo arrivato, fu così che scoprii il suo nascondiglio, vidi spuntare il musetto affusolato e per non farlo desistere dalla sua impresa mi accostai al muro immobilizzandomi.
Il topo, attese qualche altro secondo, poi, probabilmente sentendosi al sicuro uscì da suo nascondiglio e si mise a zompettare verso uno scasso nel muro. Io, mi mossi silenzioso dietro di lui, la luce scarsa, di tanto in tanto, mi impediva di vedere dove fosse, ma quando il mio occhio si abituò a quella penombra mi sembrò più facile seguire le sue mosse.
Dietro lo scasso, c'era una porta in compensato leggero, il topo, prese un oggetto legato dietro la schiena e iniziò a colpire la porta. Era una piccola ascia e i colpi seppur non violenti, sollevavano schegge di compensato a destra e a sinistra. Rimasi nascosto aspettando che il topo, indisturbato finisse la sua opera. Quando il varco fu abbastanza grande, il topo ripose l'ascia assicurandola nuovamente alla schiena e entrò dal foto appena praticato.
Io iniziai a contare per dar modo al topo di pensare di non essere seguito.
"Sette, otto..." sentii una goccia d'acqua colpirmi la testa. Con la mano andai al punto d'impatto e sfregai i capelli, poi mi guardai il palmo, mentre facevo quell'operazione piuttosto sciocca ma decisamente involontaria, altre gocce iniziarono a cadere qua e là, guardai il soffitto e mi resi conto che il tetto in quella parte del magazzino era quasi del tutto inesistente e il cielo si era fatto scuro, le nuvole che avevo visto prima di uscire di casa, si erano addensate e ora aveva iniziato a piovere.
Infischiandomene della pioggia che ora cadeva copiosa, guardai nuovamente la porta dove il topo era entrato. Mi avvicinai e senza pensare appoggiai la mano sul pomo e lo girai verso destra. La serratura scattò e spingendo con forza, la porta si aprì verso l'interno.
Doveva essere l'ufficio del padrone. Vidi una scrivania sulla quale c'erano alcuni fogli ben impilati uno sull'altro, uno era appoggiato davanti ad una sedia vuota, sul fianco destro c'era una penna pronta all'uso. Mi disinteressai delle scartoffie e mi guardai attorno alla ricerca del topo.
Un fulmine illuminò tutto l'ufficio che non era affatto enorme e io vidi il roditore vicino ad una cassettiera, aveva tirato una corda e stava faticosamente salendo fino al secondo cassetto, il tuono successivo mi sobbalzare, e le chiavi di casa mi caddero in terra. Il roditore girò il muso verso di me e i nostri sguardi si incrociarono per un istante. Pensai che vedendomi avrebbe preso paura e fosse sceso dalla corta velocemente rintanandosi da qualche parte, al contrario, prese a salire più velocemente e raggiunse il secondo cassetto in un baleno.
Io, ancora scosso da quel forte brontolio del cielo, rimasi impietrito a guardare le azioni mirabolanti del topo. Egli prese a dondolarsi sulla maniglia del cassetto che scattò aprendosi. Il topo entrò all'interno e iniziò a far qualcosa che non vidi. Il rumore che giungeva era tipico di quando si strappano dei fogli, ma io, non potevo credere che egli con le sue zampette si mettesse a strappare i fogli contenuti nel cassetto, così, riprendendomi dallo shock mi avvicinai alla cassettiera.
Guardando all'interno vidi il topo che aveva nuovamente preso la propria ascia e stava affettando i fogli uno a uno facendone scempio.
Decisi di lasciarlo fare, restando osservatore imparziale. Il topo, una volta tagliati una decina di fogli, si guardò attorno, poi ne sminuzzò uno in particolare e lentamente iniziò a mangiarlo. Un altro fulmine illuminò l'ufficio e io feci un passo indietro per non essere visto. Il topo, come avevo immaginato si guardò attorno, poi, riponendo l'ascia, prese nuovamente la corda e iniziò la discesa.
Non si curò della mia presenza a pochi passi, molto sicuro di sé, tornò a posare le zampette sul pavimento, diede uno strattone alla corda e iniziò a farla sù. Il tuono seguente al fulmine questa volta non mi fece sobbalzare, al contrario rimasi immobile nascosto nell'ombra.
Il topo, terminate le operazione di recupero, si diresse verso la porta e sgattaiolò fuori dal buco praticato in precedenza.
Lo persi di vista, rimasi fermo ancora qualche secondo, poi mi avvicinai al mobiletto e tirai fuori i fogli che il topo aveva sminuzzato con dovizia. Si trattava di fatture che dovevano essere ancora pagate, sul mio volto comparve un sorriso, probabilmente il topo aveva cercato di allungare i tempi del pagamento di quelle fatture. Scossi la testa riponendo i brandelli di carta nel cassetto. Mi guardai nuovamente attorno e quindi decisi di uscire.
Tornando nel magazzino non trovai traccia del topo che probabilmente si era già dileguato tornando nella sua tana.
Uscendo respirai l'aria fresca della sera, aveva smesso di piovere e l'aria era denza degli odori che mi piacevano tanto, erba bagnata, pioggia appena caduta, camminai lentamente sulla via di ritorno, raggiunta la porta d'ingresso guardai per un istante una di quelle bocchette che ornavano il marciapiede immaginando la tana del topo, poi girata la chiave nella toppa aprii la porta ed entrai in casa. "Le voci che aveva sentito erano vere" sapeva che se non l'avesse visto di persona non ci avrebbe mai creduto... Immagine di
Mark Wheatley

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