venerdì 1 aprile 2016

Gli ultimi istanti di Jef Khell


Eravamo arrivati solo da qualche mese a Detroit, mi ero ambientato quasi subito, quartieri bassi, malfamati, miseria. Lavoro in un circo il mio nome è Jeff Khell, o forse dovrei dire ero...

Le cose sono precipitate molto in fretta, due giorni fa mi ha chiamato un ex cestista, Bill "senti amico, ho bisogno di bamba, so che di te mi posso fidare..."
Lo riconobbi subito, voce roca, parlantina sciolta, avevo già fatto affari con lui e con un altro della sua ex squadra.
Guardai fuori dalla finestra le luci dei lampioni si erano appena accese "va bene, solito posto, tra mezz'ora" non attesi neppure la risposta e spensi il cellulare.
Frugai in una scatola di metallo che tenevo in una falsa parete del mio monolocale, tirai fuori alcuni sacchetti di plastica, il kit, misi la giacca imbottita e via. Malgrado fosse aprile inoltrato fuori faceva ancora un freddo cane, nulla a confronto con l'inverno appena passato ma sì, ancora la giacca ci voleva.
Presi l'autobus, quasi deserto e guardai distrattamente i passanti sul marciapiede alla destra della strada, uomini in giacca e cravatta, probabilmente appena usciti dall'ufficio, donne con borse della spesa e anziani che spingevano carrelli pieni di cianfrusaglie.
Il quartiere non è dei migliori ma ho degli amici e so che di loro mi posso fidare, difficile che ci si rubi tra poveri, piuttosto si tende a fregarsi...
Ci vollero una ventina di minuti per raggiungere i magazzini abbandonati, una zona dove solitamente a quell'ora iniziava ad arrivare la peggio gente, neri, portoricani, bianchi, il mercato della feccia della città che fa affari con coloro che ancora, forse per pochi giorni, possono permettersi un viaggio, una sveltina o qualcosa di simile.
Quella sera il piazzale lo trovai deserto, subito mi insospettii, il sole stava calando dietro i ruderi di ciò che qualche anno prima doveva essere stato il fulcro delle attività commerciali di questa città in declino.
Guardandomi attorno, vidi, non al solito posto ma appoggiato ad un pilastro Bill. Fumava una delle sue puzzolenti sigarette, sgambettai veloce verso di lui "serata strana" dissi affrettandomi verso un posto diverso "seguimi".
Bill non fece neppure in tempo a salutarmi gettò a terra il mozzicone della sigaretta e mi seguì vicino ad un tombino. Aprirlo in due fu semplice e poi mi calai giù per la scaletta, lui mi seguì senza fiatare.
"Allora dimmi" dissi nella quasi completa oscurità.
"Devo dare una festa e voglio fare bella figura" disse l'alto uomo nero, poi si inginocchiò vicino a me e abbassando il tono della voce "però..."
"Però?" chiesi allarmandomi non poco.
"Nulla, nulla, solo, devi trattarmi bene. Ti posso dare mille".
Frugai nello zaino e tirai fuori due sacchetti "facciamo 20, dovrebbero bastarti per imballare i tuoi invitati".
Sorrise e si avvicinò nuovamente "ma voglio provarla, c'è gente che è stata male per quella roba".
"Sicuramente non era la mia roba" dissi velocemente e ritirai i sacchetti rimettendoli dentro la sacca.
"Sì, sì, certo, mi fido ma voglio provarla" disse allungandomi la mazzetta di bigliettoni.
Li feci frusciare velocemente, poi soddisfatto tornai a dargli i sacchettini "Ok provala".
Lui fece qualche passo, uscì dalla mia portata di vista, entrò in un locale degli attrezzi, attesi qualche minuto poi sentii dei rumori "vuoi una mano?" chiesi titubante.
Non ottenni risposta e così mi affrettai a seguirlo. Stava armeggiando con una paratia. Sbuffando gli lanciai il kit "dai veloce".
Lui preparò il tutto e poi si fece in vena, bastarono pochi secondi e nei suoi occhi vidi il vuoto, il viaggio era iniziato.
Sentii dei rumori provenire dal piazzale "dobbiamo andare, hai la macchina?"
Lui sotto l'effetto della droga fece solo un cenno con la testa, lo spinsi su per la scaletta e finalmente tornammo in superficie, mi guardai attorno, ancora nessuno all'orizzonte "dove hai la macchina?" chiesi in un sussurro.
"Da quella parte" disse visibilmente confuso.
Camminai al suo fianco e raggiungemmo la macchina, una tamarraggine coloro crema, lo aiutai a salire "chiuditi dentro e aspetta che l'effetto sia finito" gli dissi, poi senza aspettare la sua risposta mi allontanai.
Il ritorno a casa fu tranquillo, la gente per strada stava lentamente diminuendo, il tasso di delinquenza era salito vertigginosamente in quell'ultimo anno e in pochi si avventuravano fuori se non per questioni molto urgenti.
Appena a casa riposi i soldi, mangiai qualcosa e poi subito a letto. Domani c'era la prova generale per lo spettacolo, non potevo assolutamente far tardi.
Il mattino seguente fui svegliato non dalla luce filtrante dalle persiane come al solito ma da colpi potenti sulla porta.
"Signor Khell, signor Khell".
"Un attimo" affrettandomi alla porta guardai attraverso lo spioncino, due sbirri in divisa stavano davanti alla porta, sbuffai poi dissi "arrivo subito" mentre il poliziotto stava riprendendo a bussare energicamente.
Aprii la porta lasciando la catenella, giusto lo spazio per farmi vedere "cosa volete?"
"Deve seguirci in centrale" disse l'uomo sulla cinquantina che era davanti alla porta.
"Mi vesto e arrivo" dissi richiudendo la porta, poi mi guardai attorno, valutai di nascondere meglio la roba e altri oggetti che avevo "recuperato" poi mi misi in tasca una parte dei soldi, i documenti e quindi veloce infilai una felpa e la giacca.
"Eccomi, ma che succede?"
"Deve seguirci in centrale, è solo una formalità" disse l'altro tutore della legge.
Tentai di protestare, dissi che dovevo andare al lavoro e che loro me lo avrebbero fatto perdere.

Non vollero sapere ragioni, mi caricarono sull'auto e in breve arrivammo al commissariato. Durante il viaggio, dissi che dovevo parlare con il mio capo per avvertirlo del fatto, subito non vollero che prendessi il cellulare, poi l'uomo al volante acconsentì.
"Capo, non riesco a venire" lui dall'altra parte del ricevitore iniziò a sbraitare e vomitarmi addosso che ero un lavativo, che non ci si poteva fidare di me e che mi avrebbe licenziato, io tentai di rabboniro "non è nulla, devono solo farmi qualche domanda, una roba da niente. Vengo appena posso" chiusi la telefonata prima che lui ricominciasse a urlare.
All'ingresso, sedute su sedie che mi ricordarono la scuola media, erano sedute donne più svestite che vestite, in fondo alla fina un ragazzotto con una sveglia al collo e diversi tatuaggi stava sproloquiando su un tizio che non aveva ucciso lui ma che aveva visto cadere dal proprio balcone.
Un poliziotto mi fece un cenno "seguimi".
Entrammo in una stanzina "taglierò corto" disse mentre io stavo già iniziando a protestare.
"Ieri sera c'è stato un omicidio e un nero dice che tu eri presente sul fatto. Dai facciamo che mando qualcuno a perquisire la tua stanza e sicuramente troveremo qualcosa per incriminarti".
Strabuzzai gli occhi e tentai di protestare nuovamente ma lui iniziò nuovamente con quella sua voce bassa "Ora o mi dici qualcosa che mi faccia cambiare idea oppure ti appioppo una bella denuncia, per spaccio e uso di droga e perché no anche omicidio".
Lo guardai stupefatto e pensai a Bill "posso spiegare"
"E lo farai. Sono sicuro che conosci bene il piazzale, lo frequenti con la tua merda, dammi retta confessa e forse chiuderò un occhio".
"Ma guarda te, ho solo aiutato un fattone ad entrare nella sua auto e ora mi ritrovo indagato per omicidio" dissi, poi guardando il poliziotto tentai di rabbonirlo "scriverò tutti i nomi di quelli che conosco, non posso far di meglio, io non ho ucciso nessuno".
Mi portò foglio e penna, poi mi lasciò solo qualche minuto. Decisi di scrivere tutti i nomi dei miei più acerrimi rivali, almeno, forse avrebbero fatto anche a loro lo stesso mio trattamento e io avrei avuto campo libero per qualche sera.
Quando tornò gli consegnai il foglio, lo lesse e poi mi disse "vai pure, se abbiamo bisogno sappiamo dove stai".
Uscii e presi l'autobus, dopo aver superato qualche fermata mi resi conto che un tizio mi stava fissando un po' troppo, non scese neppure alle fermate successive, quindi decisi di scendere io e di seminarlo.
La cosa mi riuscì molto bene, io scesi e l'autobus ripartì quando l'uomo stava per scendere, lo salutai alzando la mano e sorridendo.
Andai al circo, il mio capo protestò, avevano fatto le prove senza di e volle sapere dove avevo la testa e cosa avevo combinato, tergiversai, ci fu lo spettacolo del pomeriggio e tutto filò secondo copione, poi alla sera decisi di tornare a piedi al mio appartamento.
Stavo camminando tranquillo quando sentii dei passi alle mie spalle, mi guardai attorno ma non vidi nessuno, presi a camminare più velocemente e quando mi fermai per riprendere fiato ero finito in un quartiere un po' distante dal mio, mi guardai attorno, poi sentii nuovamente quei passi, decisi di sfruttare le fogne. Dovete sapere che sono un abitué di quei posti e le conosco abbastanza bene, mi avvicinai a uno di quegli enormi tombini tentai di sollevarlo ma non ci riuscii, sentii nuovamente i passi che si stavano avvicinando, ritentai e ancora una volta il cerchio metallico non si mosse.
Ripresi a correre, e quando mi fermai ero arrivato in una zona piuttosto periferica, immediatamente mi guardai attorno sicuro che non fosse riuscito a seguirmi fin laggiù, poi con stupore sentii nuovamente i passi, veloce e fortunato, riuscii ad aprire un tombino e mi calai di sotto.
Il puzzo e l'oscurità mi avvolse, attesi qualche minuto senza fiatare, poi tornai a spiare fuori, mi parve di sentire il respiro affannoso del mio inseguitore, tornai al sicuro e al buio "se aspetto non resterà tanto a lungo".
Attesi quasi un'ora poi mi decisi ad uscire. Nel frattempo era calata la notte, poche stelle in cielo e uno spicchietto di luna illuminavano poco o nulla i dintorni.
Avvertii la sua presenza e mi scansai giusto in tempo, prima che lui potesse colpirmi, non avevo tempo per fuggire, presi il mio serramanico e lo puntai verso il mio assalitore, voi potete anche non crederci ma sono sicuro di aver affondato la sua lama nel suo stomaco, ebbene, quando l'ho ritirata lui ha tentato nuovamente di afferrarmi, fortuna che sono svelto, ho schivato anche il secondo attacco, ma questa volta mi sono reso conto che nulla potevo fare contro di lui, almeno non il mio coltellino, così ho ripreso a correre. Lui, veloce è arrivato presto vicino a me, mi ha afferrato alle spalle e mi ha gettato in terra, ho intravisto la sua figura, un mostro, gobbo, una selva di denti aguzzi, lo sguardo perso nel vuoto, poi il suo viso si è avvicinato sempre più, non riuscivo a muovermi e lui mi ha morso...

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