domenica 29 maggio 2016

Le avventure del vampiro Jeff Khell

Il gruppo arrivò compatto, in strada poche le macchine di passaggio. Come avevamo stabilito parcheggiammo nel piazzale vicino al palazzo del "Mandarino". Silenzioso mi avvicinai alla porta d'ingresso "libero" dissi facendo un cenno agli altri di seguirmi.

All'ingresso non c'era nessuno e il palazzo stranamente non mostrava scale ma soltanto due ascensori. Ci dividemmo in due gruppi e iniziammo a salire. Per poi accorgerci che l'altro ascensore si era bloccato.
Arrivati al pianerottolo del quarto piano, John si mostrò subito molto contento di fare da apriporta, guardò le due porte che si affacciavano sul corridoio e poi, si buttò letteralmente sulla prima, sfondarla per lui fu un gioco da ragazzi. Quando varcò la soglia si udirono degli spari, poi piombò il silenzio e sul pavimento, vidi due corpi, non feci in tempo a raggiungere le altre stanze che già si avvertirono nuovi spari, questa volta anche altri risposero al fuoco ma la guerriglia durò veramente poco.
"Niente" disse Margareta Von Taufers.
Sconsolato guardai i cinesi a terra e i miei compagni "non resta che vedere al quinto piano e sperare".
Riuscimmo a far scendere l'altro ascensore per poi scoprire che con telecamere al piano superiore avevano la possibilità di bloccarci la marcia in salita.
Quando salimmo sull'ascensore si bloccò a metà tra i due piani, ci toccò aprire il soffitto e fare il resto della salita aggrappandoci alle funi.
Al piano superiore la scena non fu molto diversa da quella che avevo visto al quarto piano, John, forse stanco non riuscì ad aprire immediatamente la porta che venne abbattuta con colpi di mitra.
Al suo interno ancora cinesi e finalmente il "Mandarino".
Ci aspettava in compagnia di due donne. Olivia era legata ad una sedia, capii immediatamente che le sue condizioni non erano buone.
Tentammo inutilmente di interrogarlo ma lui era preparato all'ipotesi, tenendo in mano un telecomando ci fece notare attorno alle pareti di quel loft della dinamite pronta ad esplodere.
Uscimmo velocemente dal palazzo e ci gettammo appena in tempo in strada, dietro di noi il palazzo esplose.
Poco dopo si udirono delle sirene, ci dileguammo.
Raggiunto un posto sicuro tentai inutilmente di rianimare Olivia, addirittura mi prodigai dandogli del mio sangue ma fu tutto inutile, avevo perso il ghoul che più amavo.
Fu Charles a telefonare al Barone e comunicargli che l'operazione era andata a buon fine, lui che probabilmente aveva già visto qualche notizia in tv non fece commenti.
La notte del "Mandarino" quella fu per me una notte magica ma anche molto triste. Avevo perso Olivia e mi ero vendicato.
La notte seguente fummo convocati dal Barone. Era naturale volesse complimentarsi con noi per la riuscita dell'operazione, ma non fu proprio così.
Il locale era insolitamente molto affollato, Mark ci fece un cenno e lo seguimmo nella solita saletta riservata, il Capo era al telefono, ci sedemmo e in religioso silenzio aspettammo che finisse.
Ci scrutò uno a uno, in silenzio, poi iniziò con la sua solita cantilena "complimenti, avete raggiunto lo scopo, ma..." la pausa fu un po' troppo lunga e già mi aspettavo la sfuriata.
"... ma non pensate di aver un po' troppo esagerato?".
L'energumeno si schiarì la voce, sapevo che non la pensava esattamente in quel modo, aveva sfondato porte, ucciso cinesi e aveva trovato la pace.
Gli altri scossero il capo, in effetti il palazzo del nemico era andato a fuoco e avevamo attirato l'attenzione più del dovuto.
"Lasciamoci alle spalle il capitolo e andiamo oltre" disse nuovamente il Barone "ora dobbiamo pensare ad armarci ed è per questo che mi manderò in un posto preciso dove dovrete far affari per conto di gente che penseremo ad equipaggiare".
Charles si prese l'incarico di parlare per tutti "con chi dobbiamo trattare?".
"Il vostro nuovo amico, l'ex militare, vi porterà in un posto, lui ha l'aggancio, voi dovrete trattare".
Sembrava tutto molto semplice "e per quanto riguarda la droga?" chiesi.
"Per qualche tempo suppongo tutto resterà molto tranquillo" disse "ma dovrete continuare ad impegnarvi per capire gli effetti di questa droga e soprattutto dove la producono".
Mi limitai a scuotere la testa e visto che nessuno aggiunse nulla uscimmo.
"Portami nella zona universitaria" dissi a Charles che ci aveva caricati tutti sulla sua macchina.
La zona era tranquilla, guardandomi attorno individuai Bill, mi avvicinai e gli chiesi come andassero gli affari.
"Fortunatamente avevo una bella scorta" mi disse abbassando la voce "ma la scomparsa del Mandarino ha mandato molti nel panico e le vendite sono schizzate verso l'alto".
Gli spiegai che temevo di aver perso l'occasione di entrare nel giro "comunque sia fammi sapere".
Ci dividemmo con la sua promessa di mettermi al corrente se avesse avuto novità.
Serena tornata a casa, si informò se i lavori procedevano con solerzia. Poi, avvertita dal suo staff si incontrò con Donald Trump.
Tra i due ci fu un colloquio breve, si trovarono d'accordo su tutto, poi accadde che lui, sempre voglioso di essere molto social, volle scattare alcune foto con la vampira e naturalmente quando i fotografi riguardarono gli scatti non vedendo apparire la donna lamentarono la sua assenza.
Serena tentò di negare l'evidenza tentando di avanzare scuse, poi si mise in contatto con Alfred, suo fidato consigliere, egli etereo tentò di spiegarle che si stava mettendo nei guai e lei, scoperta  a parlar da sola, avanzò un'ulteriore scusa e poi uscita dal locale salì sulla propria macchina e scappò lasciando il politico sbigottito.
Margareta Von Taufers la notte stessa fu contattata da un suo conoscente che gli mandò delle foto di due tavolette "dovresti tentare di tradurre le tavolette".
La vampira scocciata per la poca risoluzione delle foto tentò di protestare e lui disse che avrebbe fatto di meglio, sarebbe andata a trovarla.

La notte successiva Charles ci contattò e ci trovammo tutti a casa sua, da lì andammo a "prelevare" l'ex militare che avrebbe dovuto portarci nel magazzino.
"Seguitemi, l'uomo con cui faremo affari è appena fuori città".
La zona industriale era decaduta molti anni prima ed ora versava in condizioni pessime, a uno dei magazzini palesemente abbandonato saliva un fumo nero e denso, noi ci fermammo davanti all'unico capannone che sembrava ancora utilizzato.
"Siamo arrivati, io aspetto fuori" disse la nostra guida restando accanto alle auto "non si sa mai".
All'esterno un uomo largo e alto ci squadrò per bene, poi ci fece entrare.
All'interno molta merce era stesa sui banconi, altra roba era appoggiata alle pareti o chiusa in teche di plexiglas. Un uomo ci venne incontro.
"Salve, cercavate?".
Fu Charles a prendere la parola per tutti e tra i due iniziò una breve contrattazione.
Al termine raggiunsero un accordo sull'acquisto di armi e alcuni mezzi per un costo che giudicai giusto.
Quando uscimmo l'ex militare si limitò a chiederci soltanto se avevamo raggiunto un accordo soddisfacente poi salì sul suo furgone e si dileguò.
Noi tornammo verso le nostre rispettive "tane".
Margareta Von Taufers venne raggiunta dallo studioso che le fece vedere le tavolette "naturalmente non puoi certo tenerle ma spero tu possa analizzarle".
Lei fece delle foto e assicurò l'uomo che avrebbe studiato i due manufatti.

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