Raggiunta
la periferia, il nano fermò l'auto in un vialetto malconcio, un tempo
doveva avere una pavimentazione di lusso, oggi, la natura aveva preso il
sopravvento e nascevano arbusti ovunque. Guardò il capannone che gli
aveva indicato Carwen, inizialmente pensò di aver sbagliato indirizzo e
schiacciò un tasto sul braccio sinistro, si accese un visore, stava per
comporre la chiamata alla donna, poi guardò nuovamente il fabbricato e chiuse il visore.La porta d'ingresso era sbarrata, prese dalla tasca interna del
soprabito un piccolo astuccio ne tirò fuori due aggeggi e iniziò ad
armeggiare con la serratura, dopo qualche secondo avvertì un piccolo
rumore, rimise a posto l'astuccio e spinse leggermente la porta verso
l'interno.
Nessuna resistenza, solo un leggero cigolio. Khellendrox
entrò nel locale e appena varcata la soglia si accesero alcune luci al
neon poste sul soffitto. La luce, andava e veniva proiettando ombre
bislacche sul pavimento ancora al grezzo, piccole pozzanghere si erano
formate in alcuni avvallamenti, il nano guardò il soffitto e notò delle
crepe tra i pannelli di eternit crepati "malediz..." disse senza
pensare, quel pensiero fu interrotto da alcuni rumori provenienti da un
corridoio formato da due scansie vuote, portò la mano destra all'arma
che teneva nella fondina e si diresse in quella direzione.
Quando
arrivò in fondo al corridoio vide una ragazza nuda seduta su uno
sgabello metallico che in trance guardava un monitor. Dalla sua schiena
partivano una serie di cavi che andavano al soffitto dove una macchina
emetteva ronzii e fischi sommessi.
Si avvicinò ulteriormente, la
donna non si mosse, passò la mano sinistra tra il viso della ragazza e
il monitor che trasmetteva delle immagini veloci e colorate,
non avvvertì nessuna reazione.
"Ora ti libero dai cavi" disse cercando di rassicurare la ragazza che non si curò minimamente del nano.
Khellendrox iniziò ad armeggiare con i cavi che stavano agganciati
sulla sua schiena, la pressione esercitata era parecchia e quando riuscì
a staccare il primo cavo da questi uscì uno sbuffo di vapore, un
liquido giallo e sulla schiena comparve un piccolo rivolo di sangue, la
ragazza non si mosse restando intenta a guardare il monitor che
trasmetteva sempre le stesse immagini ad un ritmo impressionante.
Il
nano staccò di seguito anche gli altri cavi, quando arrivò all'ultimo
cavo la donna distolse finalmente lo sguardo dal monitor, guardò il nano
e dai suoi occhi sgorgarono due lacrime che le rigarono il volto
pallido.
"Ora ti porto in un luogo sicuro" disse nuovamente il nano,
si guardò attorno per vedere come potesse coprire la donna, non
trovando nulla decise di togliersi la giacca e di avvolgere quel corpo
martoriato, poi, prendendola in braccio fece qualche passo verso
l'uscita.
La porta, prima che lui potesse raggiungerla cigolò e
varcò la soglia una figura minuta e alta, il nano si addossò ad una
delle scansie posando la ragazza a terra e portandosi l'indice alla
bocca fece il gesto di tacere.
La donna appena entrata sostò sulla soglia, probabilmente aveva sentito dei rumori ed era diventata sospettosa.
Il nano prese la pistola, la regolò sullo stordimento, si accucciò
vicino alla ragazza che aveva posato sul pavimento e si preparò a
colpire il bersaglio che però era ancora troppo distante.
Finalmente la donna all'ingresso si mosse "Khellendrox" disse lentamente e quasi in un sussurro "ci sei?".
il nano riconobbe la voce di Carwen e si alzò agitando la mano che teneva in mano l'arma "sono qui".
Carwen vedendo il nano si guardò attorno poi lo raggiunse "dobbiamo andare via".
"Stavo giusto per togliere il disturbo" gli rispose il nano prendendo
nuovamente tra le braccia la donna "dobbiamo portarla al laboratorio, ha
bisogno di una visita e di cure".
Carwen guardò il viso della
ragazza e con l'indice della mano destra le asciugò la lacrima che si
era fermata all'altezza della guancia "andiamo".
Uscirono dal capannone, la giornata si era ingrigita e iniziò a piovere "portala tu da Greovied, io devo controllare una cosa".
Carwen aprì il portellone della sua familiare e il nano adagiò la ragazza sul pianale "a più tardi".
"A dopo" si limitò a dire la donna salendo in macchina.
Il nano si allontanò verso il proprio Hammer, alzò leggermente un
braccio e salutò, poi salì e sfrecciò verso l'ufficio, doveva
controllare quella tecnologia.
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